Pronuncia 48/1994

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, dott. Cesare RUPERTO;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 12-quinquies, secondo comma, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, come modificato dall'art. 1 del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 369 (Disposizioni urgenti in tema di possesso ingiustificato di valori e di delitti contro la pubblica amministrazione), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1993, n. 461 e degli artt. 321 e 324 del codice di procedura penale, promossi con ordinanze emesse il 2, 19, 16 e 12 novembre 1992 dal Tribunale di Salerno, il 22 e 17 febbraio 1993 dalla Corte di cassazione, il 7 (n. 2 ordinanze) ed il 16 aprile 1993 dal Tribunale di Vibo Valentia, il 6 aprile 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, il 17 giugno 1993 dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere, il 7 aprile 1993 dalla Corte di cassazione, il 17 (n. 2 ordinanze) e 30 giugno 1993 dal Tribunale di Venezia, il 6 luglio 1993 dal Tribunale di Vibo Valentia, il 6 luglio 1993 dal Tribunale di Savona ed il 12 febbraio 1993 dal Tribunale di Reggio Calabria, rispettivamente iscritte ai nn. 21, 87, 125, 198, 207, 228, 336, 337, 338, 389, 399, 552, 571, 572, 600, 651, 669 e 686 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 5, 10, 14, 19, 21, 27, 29, 39, 41, 44, 46 e 47 dell'anno 1993; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 12 gennaio 1994 il Giudice relatore Giuliano Vassalli;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 12-quinquies, secondo comma, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, come modificato dall'art. 1 del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 369 (Disposizioni urgenti in tema di possesso ingiustificato di valori e di delitti contro la pubblica amministrazione), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1993, n. 461; Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 321 e 324 del codice di procedura penale sollevata, in riferimento agli artt. 24, 42, 97 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere con ordinanza del 17 giugno 1993. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 1994. Il Presidente: CASAVOLA Il redattore: VASSALLI Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 17 febbraio 1994. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA

Relatore: Giuliano Vassalli

Data deposito: Thu Feb 17 1994 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: CASAVOLA

Caricamento annuncio...

Massime

SENT. 48/94 A. MAFIA - PROVVEDIMENTI DI CONTRASTO ALLA CRIMINALITA' MAFIOSA - POSSESSO INGIUSTIFICATO DI BENI DI VALORE SPROPORZIONATO ALL'ATTIVITA' SVOLTA O AL REDDITO DICHIARATO - CONFIGURAZIONE DI TALE CONDOTTA COME REATO, SE POSTA IN ESSERE DA PERSONE NEI CUI CONFRONTI SONO SVOLTE INDAGINI - QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE - ECCEZIONE DI INAMMISSIBILITA' PER IRRILEVANZA, PER LE SOPRAVVENUTE MODIFICHE APPORTATE ALLA NORMA IMPUGNATA - ININFLUENZA DELLE STESSE SUL PETITUM - REIEZIONE.

La modifica apportata all'impugnato art. 12 quinquies d.l. n. 306 del 1992, conv. in l. n. 356 del 1992, ad opera dell'art. 1 d.l. 17 settembre 1993, n. 369, conv. in l. 15 novembre 1993, n. 461, consistente nella sostituzione del riferimento alle persone nei cui confronti sono svolte indagini con quello a "coloro nei cui confronti pende procedimento penale", non tocca in nessun caso il petitum che i giudici a quibus mostrano di perseguire, volto all'eliminazione di una norma che prevedendo come reato il possesso, da parte di persona nei cui confronti sono svolte indagini, di beni di valore sproporzionato all'attivita' svolta o al reddito dichiarato, si fonda su di un presupposto soggettivo instabile quale e' la condizione di chi e' sottoposto a indagini (o al processo), il cui esito, del tutto imprevedibile, e' riguardato dal legislatore in termini di assoluta indifferenza normativa, tenuto presente, inoltre, che nel lessico adottato dal nuovo codice di rito, il termine "procedimento" sta ad indicare sia la fase delle indagini che quella del "processo" vero e proprio. Deve essere percio' respinta l'eccezione di inammissibilita' avanzata dall'Avvocatura dello Stato per sopravvenuto difetto di rilevanza della questione nei giudizi a quibus a causa dell'intervenuto ius superveniens. - V. la seguente massima B. Sulla portata del termine "procedimento", v. O. n. 238/1991. red.: A.P. rev.: S.P.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 12 QUINQUIES
  • decreto-legge-Art. 1
  • legge-Art.
  • legge-Art.

SENT. 48/94 B. MAFIA - PROVVEDIMENTI DI CONTRASTO ALLA CRIMINALITA' MAFIOSA - POSSESSO INGIUSTIFICATO DI BENI DI VALORE SPROPORZIONATO AL REDDITO DICHIARATO - CONFIGURAZIONE DI TALE CONDOTTA COME REATO PROPRIO NELLA IPOTESI IN CUI SIA POSTA IN ESSERE DA PERSONA INDAGATA O IMPUTATA PER DETERMINATI REATI - VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI NON COLPEVOLEZZA SINO A CONDANNA DEFINITIVA - ILLEGITIMITA' COSTITUZIONALE - ASSORBIMENTO DI ULTERIORI PROFILI.

Il naturale sviluppo del principio di non colpevolezza di cui all'art. 27, secondo comma, Cost., comporta che dalla condizione di persona sottoposta a procedimento penale non e' consentito trarre "sospetti" o "presunzioni" di sorta che valgano a qualificare una specifica condotta che il legislatore ritenga meritevole di sanzione penale; ne deriva che il fatto penalmente rilevante deve essere tale a prescindere dalla circostanza che il suo autore sia o meno indagato o imputato in quanto tali condizioni, instabili come ogni 'status' processuale, non legittimano alcun apprezzamento in termini di disvalore. L'impugnato art. 12 quinquies, secondo comma, d.l. n. 306 del 1992, invece, ispirandosi a modelli che possono al piu' legittimare l'adozione di misure di prevenzione, fonda nella qualita' di imputato o indagato il presupposto soggettivo che rende punibile un fatto (il possesso ingiustificato di beni di valore sproporzionato al reddito dichiarato) altrimenti riguardato in termini di totale indifferenza, si pone in contrasto con il richiamato precetto di cui all'art. 27, secondo comma, Cost., non potendo al riguardo condurre a diversa soluzione le argomentazioni a suo tempo addotte dalla Corte per escludere che gli artt. 707 e 708 cod. pen. contrastassero con l'art. 27, secondo comma, Cost., atteso che tali norme, diversamente da quella impugnata, richiedono (ai fini della sussistenza dei reati ivi previsti) la qualita' di condannato per taluni delitti e la mancata giustificazione della destinazione o provenienza degli oggetti o dei beni. Pertanto - assorbiti gli ulteriori profili - deve essere dichiarata, per contrasto con l'art. 27, secondo comma, Cost., l'illegittimita' costituzionale dell'art. 12 quinquies, secondo comma, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv. in l. 7 agosto 1992, n. 356, come modificato dall'art. 1 d.l. 17 settembre 1993, n. 369, conv. in l. 15 novembre 1993, n. 461. - Sugli artt. 707 e 708 cod. pen., v. S. nn. 14/1971 e 464/1992. red.: A.P. rev.: S.P.

Norme citate

  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 12 QUINQUIES
  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 1

SENT. 48/94 C. PROCESSO PENALE - MISURE CAUTELARI REALI - RIESAME - PROCEDIMENTO - IMPOSSIBILITA' PER IL GIUDICE DI VERIFICARE LA SUSSISTENZA DEGLI INDIZI DI COLPEVOLEZZA E LA LORO GRAVITA', COSI' COME STABILITO PER IL RIESAME DELLE MISURE CAUTELARI PERSONALI - PROSPETTATA VIOLAZIONE DEI DIRITTI DI DIFESA E DI PROPRIETA', CON INCIDENZA SUL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SULL'OBBLIGO DI MOTIVAZIONE DEI PROVVEDIMENTI GIURISDIZIONALI - ESCLUSIONE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

La preclusione, secondo la costante giurisprudenza della Cassazione, per il giudice investito dal gravame relativo all'applicazione delle misure cautelari di natura reale, di ogni valutazione sulla sussistenza degli indizi di colpevolezza e sulla loro gravita' - diversamente da quanto previsto per le misure cautelari personali - non si pone in contrasto con il diritto di difesa, sia perche' non vi e' un obbligo costituzionale ad assegnare uguale "contenuto difensivo" a rimedi che, pur se identici per denominazione (riesame delle misure cautelari personali e riesame di quelle reali), si distinguono sul piano strutturale e dei soggetti che possono essere coinvolti, e sia perche', per altro verso, e' consentito al giudice 'a quo', quanto meno, il controllo sulla astratta configurabilita' del reato contestato. Deve anche escludersi la violazione dell'art. 42 Cost., in quanto i limiti che in base alle norme in questione possono essere apposti alla disponibilita' dei beni, si correlano ad esigenze connesse ad una situazione di pericolo per la collettivita' tale da giustificare l'imposizione del vincolo, cosi' come insussistente e' il contrasto con gli artt. 97 e 111 Cost., poiche' - contrariamente a quanto assume il rimettente - il controllo che il giudice e' chiamato ad operare e' tutt'altro che burocratico dovendosi invece incentrare sulla verifica della integralita' dei presupposti che legittimano la misura. (Non fondatezza, in riferimento agli artt. 24, 42, 97 e 111 Cost., della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 321 e 324 cod. proc. pen.). red.: A.P. rev.: S.P.