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Pronuncia 252/2020

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Mario Rosario MORELLI; Giudici : Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 191 del codice di procedura penale e dell'art. 103 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), promosso dal Tribunale ordinario di Lecce, in composizione monocratica, con sei ordinanze del 5 luglio, del 13 settembre, del 14 settembre, del 1° ottobre 2018, del 20 settembre 2019 e del 13 dicembre 2018, iscritte, rispettivamente, dal n. 17 al n. 22 del registro ordinanze 2020 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 8 e 9, prima serie speciale, dell'anno 2020. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 21 ottobre 2020 il Giudice relatore Franco Modugno; deliberato nella camera di consiglio del 21 ottobre 2020.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, 1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 103, comma 3, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), nella parte in cui non prevede che anche le perquisizioni personali e domiciliari autorizzate per telefono debbano essere convalidate; 2) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 191 del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 14, 24, 97, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Tribunale ordinario di Lecce, in composizione monocratica, con le ordinanze indicate in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 ottobre 2020. F.to: Mario Rosario MORELLI, Presidente Franco MODUGNO, Redattore Filomena PERRONE, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 26 novembre 2020. Il Cancelliere F.to: Filomena PERRONE

Relatore: Franco Modugno

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: MORELLI

Massime

Processo penale - Prove illegittimamente acquisite (nella specie: perquisizioni e ispezioni compiute dalla polizia giudiziaria fuori dei casi previsti dalla legge o comunque non convalidate dall'autorità giudiziaria) - Inutilizzabilità degli esiti probatori, compreso il sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato, nonché la deposizione testimoniale in ordine a tale attività - Omessa previsione - Denunciata irragionevolezza e disparità di trattamento, violazione dei diritti inviolabili della persona, della libertà personale, del principio di riserva di legge, del diritto di difesa e di quello, garantito anche in via convenzionale, al rispetto della vita privata e del domicilio della persona - Questione analoga ad altra già dichiarata inammissibile - Manifesta inammissibilità delle questioni.

Sono dichiarate manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Lecce in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 14, 24, 97, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 8 della CEDU, dell'art. 191 cod. proc. pen. Il rimettente ricalca l'impianto argomentativo già scrutinato e valutato inammissibile, denunciando la norma censurata nella parte in cui - secondo l'interpretazione accolta dalla giurisprudenza di legittimità quale diritto vivente - non prevede che la sanzione dell'inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione di un divieto di legge riguardi anche gli esiti probatori, compreso il sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato, degli atti di perquisizione e ispezione domiciliare e personale compiuti dalla polizia giudiziaria fuori dai casi tassativamente previsti dalla legge, ovvero non convalidati, comunque sia, dal pubblico ministero con provvedimento motivato. Il legislatore ha inteso distinguere nettamente l'idoneità probatoria degli atti vietati dalla legge dai profili di inefficacia conseguenti alla violazione di una regola sancita a pena di nullità dell'atto, vizio che peraltro resta soggetto ai paradigmi della tassatività e della legalità. In tale cornice, il petitum si traduce nella richiesta di una pronuncia fortemente "manipolativa", in materia caratterizzata da ampia discrezionalità del legislatore (quale quella processuale) - come rivela lo stesso assunto del giudice a quo, evocativo della c.d. teoria dei "frutti dell'albero avvelenato" - e discutendosi di una disciplina di natura eccezionale (quale quella relativa ai divieti probatori e alle clausole di inutilizzabilità processuale). ( Precedente citato: sentenza n. 219 del 2019 ). Essendo il diritto alla prova un connotato essenziale del processo penale, in quanto componente del giusto processo, è solo la legge a stabilire - con norme di stretta interpretazione, in ragione della sua natura eccezionale - quali siano e come si atteggino i divieti probatori, in funzione di scelte di "politica processuale" che soltanto il legislatore è abilitato, nei limiti della ragionevolezza, ad esercitare.

Parametri costituzionali

Thema decidendum - Pluralità di eccezioni di inammissibilità della questione incidentale - Assorbimento di alcune in conseguenza dell'accoglimento di una di esse.

Dichiarate manifestamente inammissibili, in quanto ricalcano quelle in precedenza già dichiarate inammissibili, le questioni di legittimità costituzionale concernenti l'art. 191 cod. proc. pen., restano assorbite le ulteriori eccezioni di inammissibilità formulate.

Processo penale - Operazioni di polizia per la prevenzione e la repressione del traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope - Perquisizioni personali e domiciliari autorizzate per telefono - Convalida successiva - Omessa previsione - Violazione della libertà personale e dell'inviolabilità del domicilio - Illegittimità costituzionale in parte qua.

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 13, secondo comma, e 14, secondo comma, Cost., l'art. 103, comma 3, del d.P.R. n. 309 del 1990, nella parte in cui non prevede che anche le perquisizioni personali e domiciliari autorizzate per telefono debbano essere convalidate. La disposizione censurata dal Tribunale di Lecce - la quale si colloca nel novero delle numerose norme speciali che attribuiscono alla polizia giudiziaria il potere di compiere perquisizioni e ispezioni d'iniziativa in casi diversi e ulteriori rispetto a quelli disciplinati dagli artt. 352 e 354 cod. proc. pen., onde realizzare una più efficace attività tanto di prevenzione quanto di repressione dei traffici illeciti di stupefacenti -, nel caso in cui consente al PM di autorizzare oralmente l'esecuzione di perquisizioni, senza necessità di una successiva documentazione formale delle ragioni per le quali l'autorizzazione è stata rilasciata, si rivela incompatibile con i parametri evocati, secondo cui le perquisizioni personali - al pari delle ispezioni personali e di ogni altra restrizione della libertà personale - e quelle domiciliari - oltre che alle ispezioni e ai sequestri - possono essere disposte solo per atto motivato dell'autorità giudiziaria. Un'autorizzazione telefonica - che, di per sé, non lascia alcuna traccia accessibile delle sue ragioni, né per l'interessato né per il giudice - non tutela infatti il diritto della persona che subisce la perquisizione a conoscere - così da poterle, all'occorrenza, anche contestare - le ragioni per quali è stata disposta una limitazione dei suoi diritti fondamentali alla libertà personale e domiciliare, perché i motivi per i quali essa è stata consentita restano nel chiuso di un colloquio telefonico tra pubblico ministero e polizia giudiziaria. Nella specie, la soluzione con il più immediato aggancio nella disciplina vigente - essendo questo offerto, in pratica, dalla stessa norma censurata - è quella di richiedere che anche la perquisizione autorizzata telefonicamente debba essere convalidata, entro il doppio termine delle quarantotto ore. Ovviamente, anche in questo caso rimane ferma la facoltà del legislatore di introdurre, nella sua discrezionalità, altra, e in ipotesi più congrua, disciplina della fattispecie, purché rispettosa dei principi costituzionali. L'intervento della Corte costituzionale non può trovare ostacolo nella circostanza che, in linea astratta, siano prospettabili plurime soluzioni alternative per evitare un vuoto normativo conseguenza di una pronuncia di accoglimento. A fronte della violazione di diritti costituzionali, infatti, l'ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale risulta condizionata non tanto dall'esistenza di un'unica soluzione costituzionalmente obbligata, quanto dalla presenza nell'ordinamento di una o più soluzioni costituzionalmente adeguate, che si inseriscano nel tessuto normativo coerentemente con la logica perseguita dal legislatore e idonee, quindi, a porre rimedio nell'immediato al vulnus riscontrato, ferma restando la facoltà del legislatore di intervenire con scelte diverse. Occorre, infatti, evitare che l'ordinamento presenti zone franche immuni dal sindacato di legittimità costituzionale, poiché posta di fronte a un vulnus costituzionale, non sanabile in via interpretativa - tanto più se attinente a diritti fondamentali - la Corte è tenuta comunque a porvi rimedio. ( Precedenti citati: sentenze n. 242 del 2019, n. 99 del 2019, n. 40 del 2019, n. 233 del 2018, n. 222 del 2018, n. 41 del 2018, n. 236 del 2016, n. 162 del 2014 e n. 113 del 2011 ).

Norme citate

  • decreto del Presidente della Repubblica-Art. 103, comma 3

Thema decidendum - Accoglimento della questione di legittimità costituzionale per alcuni dei parametri evocati - Assorbimento della restante censura riferita ad altro parametro.

Accolta, per violazione degli artt. 13 e 14 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 103, comma 3, del D.P.R. n. 309 del 1990, resta assorbita la censura di violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 8 CEDU.

Norme citate

  • decreto del Presidente della Repubblica-Art. 103, comma 3

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 117
  • Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 8