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Pronuncia 287/2016

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI; Giudici : Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3 (Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2015, n. 33, promosso dalla Regione Lombardia con ricorso notificato il 22 maggio 2015, depositato in cancelleria il 29 maggio 2015 e iscritto al n. 58 del registro ricorsi 2015. Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 19 ottobre 2016 il Giudice relatore Daria de Pretis; uditi gli avvocati Pio Dario Vivone per la Regione Lombardia e l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3 (Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2015, n. 33, promossa, in riferimento agli artt. 118, quarto comma, 2, 18, 41, 45 e 47 della Costituzione, dalla Regione Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe; 2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.l. n. 3 del 2015, promossa, in riferimento agli artt. 77, secondo comma, e 3 Cost., dalla Regione Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe; 3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.l. n. 3 del 2015, promossa, in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost., dalla Regione Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe; 4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.l. n. 3 del 2015, promossa, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 3 Cost., nonché al principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., dalla Regione Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe; 5) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.l. n. 3 del 2015, promossa, in riferimento agli artt. 77, secondo comma, 3 e 117 Cost., dalla Regione Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 ottobre 2016. F.to: Paolo GROSSI, Presidente Daria de PRETIS, Redattore Carmelinda MORANO, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 21 dicembre 2016. Il Cancelliere F.to: Carmelinda MORANO

Relatore: Daria de Pretis

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: GROSSI

Massime

Thema decidendum - Ricognizione dell'oggetto del giudizio in via principale - Impugnazione rivolta ad un intero articolo - Restrizione, in base ai motivi di censura, ad alcune parti di esso.

Il fatto che il ricorso censuri letteralmente un intero articolo non impedisce alla Corte - sulla base dei motivi posti a fondamento dell'impugnazione - di circoscrivere l'oggetto del giudizio in via principale ad alcune parti di esso. (Nella specie, l'oggetto delle questioni proposte dalla Regione Lombardia - in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost., ed agli artt. 117, secondo comma, lett. e , e 3 Cost. nonché al principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost. - avverso l'intero art. 1 del d.l. n. 3 del 2015, convertito, con modificazioni, nella legge n. 33 del 2015, viene ristretto al comma 1, lett. b, n. 1, di tale articolo, che inserisce i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater nell'art. 29 del d.lgs. n. 385 del 1993).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 1, comma 1
  • legge-Art.
  • decreto legislativo-Art. 29, comma 2
  • decreto legislativo-Art. 29, comma 2
  • decreto legislativo-Art. 29, comma 2

Banche e istituti di credito - Regime delle banche popolari - Fissazione del limite massimo di otto miliardi di euro di attivo, obbligo di riduzione dell'attivo o di trasformazione in società per azioni entro un anno dal superamento, attribuzione alla Banca d'Italia del potere di dettare disposizioni di attuazione - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata violazione della competenza legislativa regionale di dettaglio nella materia concorrente "casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale" - Denunciata mancanza di forme di concertazione con le Regioni per l'adozione delle disposizioni di attuazione - Insussistenza dei vizi ipotizzati - Riconducibilità della riforma alla competenza statale trasversale ed esclusiva nelle materie "tutela del risparmio", "tutela della concorrenza" e "ordinamento civile" - Non fondatezza della questione.

È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.l. n. 3 del 2015 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 33 del 2015), promossa dalla Regione Lombardia in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost. e circoscritta (in base alle censure) ai commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'art. 29 del d.lgs. n. 385 del 1993 - introdotti dal comma 1, lett. b), n. 1, dell'impugnato art. 1 - nella parte in cui prevedono per le banche popolari il limite massimo di otto miliardi di euro di attivo, l'obbligo delle stesse di deliberare la trasformazione in società per azioni se entro un anno l'attivo non venga ridotto al di sotto del limite, e l'adozione da parte della Banca d'Italia di disposizioni di attuazione del novellato art. 29 del TUB. La normativa censurata - innovando il modello organizzativo delle banche popolari per favorirne la stabilità e il rafforzamento patrimoniale - costituisce espressione delle competenze esclusive trasversali dello Stato nelle materie "tutela del risparmio", "tutela della concorrenza" e "ordinamento civile", rispettivamente in quanto incide sui modi di esercizio dell'attività bancaria di intermediazione del credito (che è strumento essenziale di impiego produttivo del risparmio); mira a colmare il deficit di competitività derivante alle suddette banche da alcuni elementi caratterizzanti il loro statuto (voto capitario, limiti alle detenzioni azionarie e alla distribuzione degli utili, clausola di gradimento dei nuovi soci); e disciplina un tipico istituto privatistico (la forma giuridica delle società), dettando le condizioni per l'utilizzo della forma cooperativa da parte delle banche popolari. Le attribuzioni statali nei suddetti ambiti materiali di competenza esclusiva trasversale prevalgono anche sull'ipotetica e in ogni caso marginale competenza concorrente regionale in materia di "casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale". Tale prevalenza esclude che si versi in un'ipotesi di inestricabile intreccio di competenze statali e regionali e, dunque, che sia necessaria la previsione di adeguate forme di collaborazione con le Regioni perché l'intervento del legislatore statale possa essere congruamente attuato. Secondo la giurisprudenza costituzionale, l'individuazione della materia cui va ricondotta la disciplina impugnata deve avvenire tenendo conto della sua ratio, della finalità che persegue, del contenuto e dell'oggetto delle singole disposizioni, tralasciando gli aspetti marginali e gli effetti riflessi, in modo da identificare correttamente e compiutamente l'interesse tutelato. ( Precedenti citati: sentenze n. 245 del 2015, n. 167 del 2015 e n. 121 del 2014 ). Secondo la giurisprudenza costituzionale, alla materia della "concorrenza" sono ascrivibili anche le misure legislative di promozione della competizione tra le imprese attraverso l'eliminazione di limiti e vincoli alla libera esplicazione della capacità imprenditoriale (concorrenza "nel mercato"). ( Precedenti citati: sentenze n. 97 del 2014, n. 291 del 2012, n. 200 del 2012, n. 45 del 2010 ). Una disciplina che incida sul modulo organizzativo e sullo statuto societario di aziende di credito è da ricondurre alla materia "ordinamento civile", di esclusiva competenza del legislatore statale. ( Precedente citato: sentenza n. 144 del 2016 con riguardo al modello delle società pubbliche ). La disciplina dei rapporti privati è riservata alla potestà legislativa dello Stato in ragione dell'esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformità di trattamento, nell'intero territorio nazionale, dei rapporti civilistici tra soggetti che operano in regime privato, senza che detti rapporti debbano rinvenire necessariamente la loro disciplina sul piano codicistico. ( Precedenti citati: sentenze n. 97 del 2014 e n. 401 del 2007 ). Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, materie di competenza statale esclusiva come quelle della tutela del risparmio, della tutela della concorrenza e dell'ordinamento civile, assumono, per la loro natura trasversale, carattere prevalente e possono influire su altre materie attribuite alla competenza legislativa concorrente o residuale delle Regioni fino a incidere sulla totalità degli ambiti materiali entro i quali si applicano. ( Precedenti citati: sentenze n. 30 del 2016 e n. 165 del 2014, n. 2 del 2014, n. 291 del 2012, n. 18 del 2012, n. 150 del 2011, n. 288 del 2010, n. 52 del 2010, n. 431 del 2007, n. 430 del 2007, n. 401 del 2007 e n. 80 del 2006 ). La previsione di adeguate forme di collaborazione con le Regioni per la congrua attuazione dell'intervento del legislatore statale è necessaria solo nell'ipotesi di inestricabile intreccio di competenze statali e regionali. ( Precedenti citati: sentenze n. 1 del 2016 e n. 140 del 2015 ).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 1, comma 1
  • legge-Art.
  • decreto legislativo-Art. 29, comma 2
  • decreto legislativo-Art. 29, comma 2
  • decreto legislativo-Art. 29, comma 2

Parametri costituzionali

Ricorso in via principale - Vizi deducibili dalle Regioni - Denunciata violazione di parametro estraneo al riparto di competenze con lo Stato - Sufficiente motivazione della sua ridondanza sulle competenze regionali - Ammissibilità della questione.

È ammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.l. n. 3 del 2015, convertito, con modificazioni, nella legge n. 33 del 2015, promossa dalla Regione Lombardia, in riferimento all'art. 3 Cost., per asserita irragionevolezza e sproporzione del limite massimo di attivo delle banche popolari fissato dal legislatore statale e del correlato obbligo di trasformazione in società per azioni in caso di superamento. La ricorrente dà conto della ridondanza sulle sue attribuzioni della denunciata violazione di un parametro estraneo al riparto competenziale, indicando come potenzialmente lesa la propria competenza in materia di "aziende di credito a carattere regionale" (art. 117, terzo comma, Cost.), sicché occorre verificare nel merito se, nell'esercizio delle attribuzioni corrispondenti a tale competenza, le Regioni siano obbligate a conformarsi ad una disciplina legislativa (conforme al riparto costituzionale delle competenze, ma) asseritamente incostituzionale per contrasto con parametri estranei al riparto competenziale. ( Precedenti citati: sentenze n. 145 del 2016, n. 220 del 2013, n. 22 del 2012, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003 ).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 1, comma 1
  • legge-Art.
  • decreto legislativo-Art. 29, comma 2
  • decreto legislativo-Art. 29, comma 2

Banche e istituti di credito - Regime delle banche popolari - Fissazione del limite massimo di otto miliardi di euro di attivo ed obbligo di riduzione dell'attivo o di trasformazione in società per azioni entro un anno dal superamento - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata violazione dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza nonché del principio di leale collaborazione - Esclusione - Adeguatezza allo scopo del criterio utilizzato - Insussistenza della necessità di raccordo con le competenze regionali - Non fondatezza della questione.

È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.l. n. 3 del 2015 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 33 del 2015), promossa dalla Regione Lombardia in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lett. e ), e 3 Cost., nonché al principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., e circoscritta (in base alle censure) alle disposizioni [commi 2-bis e 2-ter dell'art. 29 del d.lgs. n. 385 del 1993, introdotti dal comma 1, lett. b), n. 1, dell'impugnato art. 1] che prevedono la trasformazione obbligatoria delle banche popolari in società per azioni in caso di superamento del limite massimo di otto miliardi di attivo. L'obiettivo di adeguamento della forma giuridica delle banche popolari di maggiori dimensioni alla forma tipica delle banche commerciali è stato perseguito dal legislatore statale con l'uso di un criterio appropriato allo scopo, dal momento che la dimensione dell'attivo è un indicatore attendibile della complessità di una banca. La fissazione del limite di otto miliardi di euro di attivo, al cui superamento scatta l'obbligo di riduzione dell'attivo o di trasformazione in società per azioni, costituisce esercizio non manifestamente irragionevole (e quindi insindacabile) della discrezionalità legislativa, né risulta sproporzionato all'obiettivo perseguito, in quanto riconduce nell'ambito delle aziende di credito tenute a trasformarsi in società per azioni le banche popolari più significative - per credito erogato, numero di sportelli e personale impiegato - nel panorama nazionale. La natura prevalente delle competenze statali esclusive delle quali è espressione la riforma esclude altresì che per il loro esercizio siano costituzionalmente necessarie forme di raccordo con le Regioni.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 1, comma 1
  • legge-Art.
  • decreto legislativo-Art. 29, comma 2
  • decreto legislativo-Art. 29, comma 2

Banche e istituti di credito - Regime delle banche popolari - Fissazione del limite massimo di otto miliardi di euro di attivo ed obbligo di riduzione dell'attivo o di trasformazione in società per azioni entro un anno dal superamento - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata violazione del principio di sussidiarietà orizzontale in relazione alla funzione sociale della cooperazione, alla tutela del risparmio, alla libertà contrattuale e di iniziativa economica e al legittimo affidamento dei piccoli azionisti - Genericità e inadeguatezza delle argomentazioni svolte e difetto di motivazione sugli ambiti di competenza regionale incisi - Inammissibilità della questione.

È dichiarata inammissibile - per genericità e inadeguatezza delle argomentazioni svolte e per difetto di motivazione - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.l. n. 3 del 2015 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 33 del 2015), promossa dalla Regione Lombardia in riferimento agli artt. 118, quarto comma, 45, 47, 2, 18 e 41 Cost. Le generiche ragioni addotte dalla ricorrente a sostegno dell'asserita lesione dell'art. 118, quarto comma, Cost. in collegamento con le previsioni costituzionali che tutelano la cooperazione, il risparmio, la libertà di associazione e di iniziativa economica, non integrano argomenti idonei a dare conto dell'attitudine del suddetto parametro a fondare una regola attributiva di specifiche competenze regionali; parimenti inadeguati risultano gli argomenti spesi per dimostrare il legame tra il principio di sussidiarietà e i molteplici ed eterogenei valori costituzionali evocati; a ciò si aggiunge il difetto di motivazione sugli ambiti di competenza regionale che, in asserita violazione dello stesso art. 118, quarto comma, Cost., sarebbero incisi dalla disposizione censurata.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 1
  • legge-Art.

Banche e istituti di credito - Regime delle banche popolari - Riforma con decreto-legge - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata insussistenza dei presupposti per la decretazione d'urgenza - Mancata specificazione delle competenze regionali su cui ridonderebbe il vizio prospettato - Genericità della censura - Inammissibilità della questione.

È dichiarata inammissibile - per genericità della censura - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.l. n. 3 del 2015 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 33 del 2015), promossa dalla Regione Lombardia, in riferimento agli artt. 77, secondo comma, e 3 Cost., deducendo che la prospettata violazione di presupposti e limiti della decretazione d'urgenza nell'adozione della riforma delle banche popolari interferirebbe con vari temi di interesse regionale. La ricorrente non solo non offre motivazione della asserita incidenza della violazione dell'art. 77 Cost. sulle attribuzioni regionali, ma omette di indicare i parametri costituzionali rilevanti, attinenti al riparto delle competenze, che verrebbero violati.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 1
  • legge-Art.

Ricorso in via principale - Vizi deducibili dalle Regioni - Denunciata violazione di parametro estraneo al riparto di competenze con lo Stato - Indicazione della competenza regionale su cui ridonderebbe il vizio prospettato - Ammissibilità della questione.

È ammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.l. n. 3 del 2015 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 33 del 2015), promossa dalla Regione Lombardia, in riferimento agli artt. 77, secondo comma, 3 e 117 Cost., deducendo che la prospettata violazione di presupposti e limiti della decretazione d'urgenza nell'adozione della riforma delle banche popolari interferirebbe con la competenza regionale in materia di "aziende di credito a carattere regionale", di cui all'117, terzo comma, Cost. La ricorrente ha indicato con sufficiente precisione la competenza regionale su cui ridonderebbe la violazione dell'art. 77 Cost.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 1
  • legge-Art.

Banche e istituti di credito - Regime delle banche popolari - Riforma con decreto-legge - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata insussistenza e irragionevole valutazione dei presupposti per la decretazione d'urgenza, utilizzo di essa per introdurre una disciplina di sistema, eterogeneità delle misure introdotte in via d'urgenza - Insussistenza dei vizi ipotizzati - Non fondatezza della questione.

È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.l. n. 3 del 2015 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 33 del 2015), impugnato dalla Regione Lombardia - in riferimento agli artt. 77, secondo comma, 3 e 117 Cost. - per avere introdotto una riforma complessiva delle banche popolari in asserita violazione di presupposti e limiti della decretazione d'urgenza. Deve escludersi l'evidente carenza del requisito della straordinaria necessità e urgenza di provvedere nonché la manifesta irragionevolezza o arbitrarietà della relativa valutazione governativa, in quanto dal preambolo del decreto-legge e dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione emerge che le esigenze di rafforzamento patrimoniale, competitività e sicurezza delle banche popolari si collegano sia al necessario urgente avvio del processo di adeguamento del sistema bancario nazionale agli indirizzi europei e di organismi internazionali (FMI e OCSE), sia agli effetti prodotti dall'attuale crisi economica e finanziaria sull'erogazione creditizia; né è contestabile che le finalità della riforma (diretta non già a "cancellare" dal sistema bancario le banche popolari, ma a disciplinare la forma giuridica di quelle, tra esse, che hanno raggiunto dimensioni significative) siano coerenti con gli "indirizzi europei" contenuti negli atti normativi dell'UE in materia di regolamentazione prudenziale, di sistema europeo di vigilanza unica bancaria e di risanamento e risoluzione degli enti creditizi. Parimenti da escludere è l'assimilabilità della normativa impugnata a una riforma di sistema, incompatibile con i presupposti del decreto-legge, giacché - incidendo significativamente su un particolare tipo di azienda di credito - l'intervento rimane pur sempre settoriale e specifico. Insussistente è anche l'asserita eterogeneità delle misure introdotte dal decreto-legge in esame, le quali possono essere ricondotte al comune obiettivo di sostegno dei finanziamenti alle imprese, ostacolati dalla crisi economica e finanziaria in atto. Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, il sindacato sulla legittimità dell'adozione, da parte del Governo, di un decreto-legge va limitato ai casi di evidente mancanza dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza richiesti dall'art. 77, secondo comma, Cost., o di manifesta irragionevolezza o arbitrarietà della loro valutazione. ( Precedenti citati: sentenze n. 133 del 2016, n. 10 del 2015, n. 22 del 2012, n. 93 del 2011, n. 355 del 2010, n. 83 del 2010, n. 128 del 2008 e n. 171 del 2007).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 1
  • legge-Art.