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Pronuncia 361/1998

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 210, comma 4, del codice procedura penale, 238, comma 2-bis e 4, 513 e 514 stesso codice come modificati dalla legge 7 agosto 1997, n. 267 (Modifica delle disposizioni del codice di procedura penale in tema di valutazione delle prove), e art. 6 stessa legge, promossi: 1) con ordinanze emesse il 19 settembre 1997 dal tribunale per i minorenni di Bologna, il 12 novembre 1997 dal tribunale di Torino, il 15 dicembre 1997 dal tribunale di Bergamo, il 1 dicembre 1997 dal tribunale di Bologna, il 22 dicembre 1997 dal tribunale di Cagliari, iscritte ai nn. 776 e 915 del registro ordinanze 1997 ed ai nn. 81, 143, 153 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1997 e nn. 3, 8, 11, prima serie speciale, dell'anno 1998 e fissate, per la discussione, all'udienza pubblica del 19 maggio 1998; 2) con ordinanze emesse il 24 settembre 1997 dal tribunale di Perugia, il 30 settembre 1997 dal tribunale di San Remo; il 13 novembre 1997 dal tribunale militare di Torino; il 3 novembre 1997 dal tribunale di Savona; il 16 ottobre 1997 dal tribunale di Trani, iscritte ai nn. 787, 861, 898, 908, 913 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 47 e 52, prima serie speciale, dell'anno 1997 e n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1998, fissate, per la discussione, alla camera di consiglio del 20 maggio 1998. Visti, per i giudizi di cui al punto 1), gli atti di costituzione della provincia di Bologna, di B. F., di B. G., di N. S., della procura della Repubblica presso il tribunale di Torino, di B. C., di F. L. ed altri, di G. P., nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Visti per i giudizi di cui al punto 2), gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nell'udienza pubblica del 19 maggio 1998 e nella camera di consiglio del 20 maggio 1998 il giudice relatore Guido Neppi Modona; Uditi nell'udienza pubblica del 19 maggio 1998 gli avvocati Umberto Guerini per la provincia di Bologna, Luigi Chiappero per B. F., Delfino Siracusano e Vittorio Chiusano per B. G., Piero Longo in sostituzione dell'avvocato Ennio Festa per N. S., il dott. Marcello Maddalena per la procura della Repubblica presso il tribunale di Torino, gli avvocati Roberto Bruni e Giuseppe Frigo per B. C., Paolo Trombetti e Gaetano Pecorella per F. L. ed altro, Patrizio Rovelli per G. P. e l'avvocato dello Stato Paolo di Tarsia di Belmonte per il Presidente del Consiglio dei Ministri;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, 1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 513, comma 2, ultimo periodo del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che, qualora il dichiarante rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su fatti concernenti la responsabilità di altri già oggetto delle sue precedenti dichiarazioni, in mancanza dell'accordo delle parti alla lettura si applica l'art. 500, commi 2-bis e 4, del codice di procedura penale; 2) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 210 del codice di procedura penale nella parte in cui non ne è prevista l'applicazione anche all'esame dell'imputato nel medesimo procedimento su fatti concernenti la responsabilità di altri, già oggetto delle sue precedenti dichiarazioni rese all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero; 3) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 238, comma 4, del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che, qualora in dibattimento la persona esaminata a norma dell'art. 210 del codice di procedura penale rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su fatti concernenti la responsabilità di altri già oggetto delle sue precedenti dichiarazioni, in mancanza di consenso dell'imputato alla utilizzazione si applica l'art. 500, commi 2-bis e 4, del codice di procedura penale; 4) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 513, comma 2, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della disparità di trattamento in relazione al comma 1 dello stesso articolo, dal Tribunale di San Remo e dal Tribunale di Savona con le ordinanze in epigrafe;. 5) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 514 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 101 e 112 della Costituzione, dal Tribunale di San Remo; 6) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 238, commi 2-bis e 4, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 101, secondo comma, e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Perugia con l'ordinanza in epigrafe; 7) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 210, comma 4, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25, secondo comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, 111 e 112 della Costituzione, dal Tribunale di Bergamo, dal Tribunale militare di Torino, e dal Tribunale di Trani, con le ordinanze in epigrafe; 8) ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Torino, al Tribunale per i minorenni di Bologna, al Tribunale di Cagliari, al Tribunale di San Remo, al Tribunale di Savona e al Tribunale di Trani in relazione alle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 6, commi 2 e 5, della legge 7 agosto 1967, n. 267 (Modifica delle disposizioni del codice di procedura penale in tema di valutazione delle prove), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, secondo comma, 111, primo comma, e 112 della Costituzione, con le ordinanze in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 ottobre 1998. Il Presidente: Granata Il redattore: Neppi Modona Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 2 novembre 1998. Il direttore della cancelleria: Di Paola

Relatore: Guido Neppi Modona

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: GRANATA

Massime

SENT. 361/98 A. GIUDIZIO INCIDENTALE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE - PROCEDIMENTO - SOGGETTI LEGITTIMATI A PARTECIPARVI - COSTITUZIONE INNANZI ALLA CORTE DEL PUBBLICO MINISTERO DEL PROCESSO PRINCIPALE - INAMMISSIBILITA' - FATTISPECIE.

Come la Corte ha avuto piu' volte occasione di affermare, nonostante che al pubblico ministero debba riconoscersi la qualita' di parte nel giudizio 'a quo', la peculiarita' della sua posizione ordinamentale e processuale, da un lato, e, dall'altro, la attuale disciplina (artt. 20, 23 e 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 3 e 17 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale), che tiene distinti il "pubblico ministero" e le "parti", non consentono di ritenerne ammissibile la costituzione nel giudizio incidentale di costituzionalita'. (Nella specie, in giudizio sulla costituzionalita' dell'art. 6 della legge 7 agosto 1997, n. 267, promosso dal Tribunale di Torino, e' stata dichiarata inammissibile la costituzione innanzi alla Corte della Procura della Repubblica di Torino, in persona del Procuratore della Repubblica aggiunto). - V. S. nn. 1/1996 e 375/1996, e O. n. 327/1995. red.: S. Pomodoro

Parametri costituzionali

  • legge-Art. 25
  • legge-Art. 20
  • norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (16/3/1956 e s.m.)-Art. 17
  • norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (16/3/1956 e s.m.)-Art. 3
  • legge-Art. 23

SENT. 361/98 B. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE - PROCEDIMENTO - NORME SUL FUNZIONAMENTO DELLA CORTE COSTITUZIONALE - LEGITTIMAZIONE DEL PUBBLICO MINISTERO DEL PROCESSO PRINCIPALE A COSTITUIRSI INNANZI ALLA CORTE - MANCATA PREVISIONE - QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE PROSPETTATA IN RIFERIMENTO AL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA - MANIFESTA INFONDATEZZA - FATTISPECIE.

E' priva di fondamento la questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., degli artt. 23 e 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nella parte in cui non contemplano il pubblico ministero tra i soggetti che possono costituirsi nel giudizio incidentale di costituzionalita'. La peculiarita' del ruolo del pubblico ministero fa infatti ritenere non irragionevole la scelta discrezionale del legislatore di distinguere tale organo rispetto alle parti del giudizio 'a quo', non prevedendone la legittimazione a costituirsi. (Questione prospettata, in giudizio sulla costituzionalita' dell'art. 7 della legge 7 agosto 1997, n. 267, nelle deduzioni scritte presentate sotto forma di costituzione, dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino). - V. la precedente massima A, ed ivi richiami. red.: S. Pomodoro

Norme citate

  • legge-Art. 23
  • legge-Art. 25

Parametri costituzionali

SENT. 361/98 C. PROCESSO PENALE - DIBATTIMENTO - ACQUISIZIONE DELLE PROVE - DICHIARAZIONI SU FATTI IMPLICANTI RESPONSABILITA' DI ALTRI RESE IN PRECEDENZA AL PUBBLICO MINISTERO, ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA SU DELEGA DEL PUBBLICO MINISTERO O AL GIUDICE NEL CORSO DELLE INDAGINI PRELIMINARI O NELL'UDIENZA PRELIMINARE, DA PERSONA IMPUTATA IN PROCEDIMENTO CONNESSO - ESERCIZIO, DA PARTE DEL DICHIARANTE, IN SEGUITO A CITAZIONE ED EVENTUALE ACCOMPAGNAMENTO COATTIVO, DELLA FACOLTA' DI NON RISPONDERE - NUOVA NORMATIVA - CONSENTITA UTILIZZAZIONE DELLE PRECEDENTI DICHIARAZIONI SOLO SULL'ACCORDO DELLE PARTI - APPLICAZIONE, NELL'IPOTESI 'DE QUA', PER LA NECESSARIA SALVAGUARDIA DEL DIRITTO AL SILENZIO DEL DICHIARANTE, DEL DIRITTO AL CONTRADDITTORIO DEL DESTINATARIO DELLE DICHIARAZIONI E DELL'ACCERTAMENTO DEI FATTI E DELLE RESPONSABILITA' QUALE FUNZIONE ESSENZIALE DEL PROCESSO, ESPOSTI ALTRIMENTI A LESIONE, DELLE NORME PREVEDENTI, RIGUARDO ALLE DICHIARAZIONI PREDIBATTIMENTALI DEI TESTIMONI SU CUI GLI STESSI SI RIFIUTINO, O COMUNQUE OMETTANO, DI RISPONDERE, LA FACOLTA' DELLE PARTI DI PROCEDERE A CONTESTAZIONI E LA POSSIBILITA', SE CONFERMATE DA ALTRI ELEMENTI, DELLA LORO VALUTAZIONE - MANCATA PREVISIONE - VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI EGUAGLIANZA E RAGIONEVOLEZZA E DEL DIRITTO DI DIFESA - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 'IN PARTE QUA'.

Per violazione degli artt. 3 e 24 Cost. - assorbiti gli altri motivi dedotti in riferimento agli artt. 2, 25, 101, 111 e 112 Cost. - deve dichiararsi la illegittimita' costituzionale dell'art. 513, comma 2, ultimo periodo, cod. proc. pen. - come sostituito dall'art. 1 della legge 7 agosto 1997, n. 267 - nella parte in cui non prevede che, qualora il dichiarante - imputato in separato procedimento - rifiuti, o comunque ometta, in tutto o in parte, di rispondere su fatti concernenti la responsabilita' di altri gia' oggetto di sue precedenti dichiarazioni, in mancanza dell'accordo delle parti alla lettura delle stesse, si applicano le norme previste, riguardo all'esame dei testimoni, dall'art. 500, commi 2-bis e 4, cod. proc. pen.. Con la conseguenza che anche nell'ipotesi 'de qua', nei confronti del dichiarante - del quale peraltro la stessa disposizione impugnata gia' prevede, secondo le norme concernenti i testimoni cui fa richiamo anche l'art. 210 cod. proc. pen., previa citazione, l'obbligo di presentarsi al giudice e l'eventuale accompagnamento coattivo - non potra' impedirsi alle parti di procedere a contestazioni sulle circostanze riferite nelle precedenti dichiarazioni, che a loro volta potranno essere acquisite nel fascicolo per il dibattimento e valutate, in presenza di altri elementi che ne confermino l'attendibilita', come prova dei fatti in esse affermati; fermo restando comunque che le contestazioni delle parti, ove le dichiarazioni dell'imputato in procedimento separato sul fatto altrui risultino connesse con i profili di responsabilita' sul fatto proprio, potranno riguardare, in forza del principio 'nemo tenetur se detegere', solo i primi. Tale intervento additivo - che trova spiegazione e giustificazione nell'analogia tra la posizione processuale dell'imputato in procedimento separato e quella del testimone, trattandosi in ambo i casi di soggetti le cui dichiarazioni sono destinate a valere nei confronti di altri - risulta infatti coerente con il rispetto dei principi costituzionali di cui si e' denunciata la violazione, giacche' rende possibile: a) superare la manifesta irragionevolezza delle disposizioni impugnate laddove consentono all'autorita' giudiziaria di raccogliere legittimamente dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari e al tempo stesso ne fanno dipendere la utilizzazione dalla concorrente discrezionale volonta' dell'imputato in procedimento connesso e delle parti - qualcuna delle quali potrebbe essere processualmente interessata ad impedirne l'acquisizione - con pregiudizio della stessa funzione essenziale del processo, che consiste appunto nella verifica della sussistenza dei reati e nell'accertamento delle responsabilita'; b) salvaguardare il diritto di difesa dell'imputato dichiarante e insieme dell'imputato destinatario delle dichiarazioni, atteso che il diritto al silenzio del primo non viene scalfito dalle contestazioni sulle circostanze riferite nelle precedenti dichiarazioni, e il diritto dell'accusato al contraddittorio non puo' tradursi, riguardo alla utilizzazione delle dichiarazioni, in un potere di veto. - Cfr. S. nn. 254/1992 e 255/1992. red.: S. Pomodoro

SENT. 361/98 D. PROCESSO PENALE - DIBATTIMENTO - ACQUISIZIONE DELLE PROVE - DICHIARAZIONI SU FATTI IMPLICANTI RESPONSABILITA' DI ALTRI RESE IN PRECEDENZA AL PUBBLICO MINISTERO O ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA SU DELEGA DEL PUBBLICO MINISTERO O AL GIUDICE NEL CORSO DELLE INDAGINI PRELIMINARI O NELL'UDIENZA PRELIMINARE, DA PERSONA IMPUTATA NELLO STESSO PROCEDIMENTO - IMPOSSIBILITA' DI ORDINARNE LA CITAZIONE E L'EVENTUALE ACCOMPAGNAMENTO COATTIVO, COME PREVISTO, INVECE, NELLA STESSA SITUAZIONE, PER L'IMPUTATO IN PROCEDIMENTO CONNESSO - INGIUSTIFICATA DISPARITA' DI TRATTAMENTO - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 'IN PARTE QUA' - CONSEGUENZE - EQUIPARAZIONE, SOTTO GLI ASPETTI SUDDETTI, DELLE DUE CATEGORIE DI IMPUTATI - INCIDENZA SULLA QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE SOLLEVATA, IN RIFERIMENTO AI PRINCIPI DI EGUAGLIANZA E RAGIONEVOLEZZA, SOTTOPOSIZIONE DEL GIUDICE SOLO ALLA LEGGE E OBBLIGATORIETA' DELL'AZIONE PENALE, NEI CONFRONTI DELLA NUOVA NORMATIVA CHE NELL'IPOTESI 'DE QUA', IN CASO DI RIFIUTO DEL DICHIARANTE DI SOTTOPORSI ALL'ESAME, SUBORDINA L'UTILIZZAZIONE DELLE SUE DICHIARAZIONI PREDIBATTIMENTALI AL CONSENSO DEGLI ALTRI IMPUTATI - ESTENSIONE A TALE NORMA DEGLI EFFETTI DELLA CONTESTUALE DICHIARAZIONE DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE DELLA DISPOSIZIONE DI ANALOGO CONTENUTO PREVISTA IN RELAZIONE ALL'IPOTESI DI DICHIARAZIONI PREDIBATTIMENTALI RESE DA IMPUTATO IN PROCEDIMENTO CONNESSO.

Le questioni di legittimita' costituzionale sollevate, in riferimento agli artt. 3, 101, 25 e 112 Cost. - con argomenti che ricalcano quelli prospettati in ordine all'art. 513, comma 2, cod. proc. pen. - nei confronti della regola posta dall'art. 513, comma 1, cod. proc. pen. - come sostituito dall'art. 1 della legge 7 agosto 1997, n. 267 - che subordina al consenso degli altri imputati l'utilizzazione delle dichiarazioni rese in precedenza, nel medesimo procedimento, da imputato che nel dibattimento rifiuti di sottoporsi all'esame, appaiono fondate, in riferimento all'art. 3 Cost., ma vanno piu' propriamente risolte attraverso la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 210 cod. proc. pen. - che nelle questioni stesse risulta sostanzialmente coinvolto - nella parte in cui non ne e' prevista l'applicazione nell'ipotesi 'de qua'. La pronuncia di parziale incostituzionalita' di tale articolo e' imposta dai principi di eguaglianza e ragionevolezza, di fronte ai quali non si giustifica che l'obbligo di presentarsi al giudice nel dibattimento e l'eventuale accompagnamento coattivo previsti dall'art. 210, comma 2, in ordine all'esame di persona imputata in procedimento connesso - che si svolge separatamente solo per circostanze meramente occasionali e contingenti - non lo siano invece riguardo all'esame di persona imputata nello stesso procedimento; ne', a maggior ragione, cio' si giustifica se si considera che a norma dell'art. 392, comma 1, lett. c) e d), cod. proc. pen., nell'incidente probatorio - il quale altro non e' se non una anticipazione della prova da assumersi nel dibattimento - quando l'incidente verta su fatti concernenti la responsabilita' di altri, e' possibile ordinare l'accompagnamento coattivo sia dell'imputato in procedimento connesso, sia dell'imputato nello stesso procedimento. Ne consegue che - rimosso in tal modo, con la eliminazione, anche nel dibattimento, in virtu' dell'intervento additivo come sopra operato sull'art. 210, di ogni differenza, sotto gli aspetti in questione, tra le due categorie di imputati, l'unico ostacolo che impediva che in tutti i casi di rifiuto del dichiarante di rispondere sul fatto altrui si applicasse una disciplina omogenea - anche per le situazioni regolate dall'art. 513, comma 1, vale la pronuncia contestualmente adottata dalla Corte sull'art. 513, comma 2, con tutti i relativi effetti e limiti. - Riguardo alle questioni proposte sull'art. 513, comma 2, cod. proc. pen., v. la precedente massima C. red.: S. Pomodoro

SENT. 361/98 E. PROCESSO PENALE - DIBATTIMENTO - ACQUISIZIONE DELLE PROVE - DICHIARAZIONI SU FATTI IMPLICANTI RESPONSABILITA' DI ALTRI, RESE, IN PROCEDIMENTO CONNESSO, DA PERSONA NELLO STESSO PROCEDIMENTO IMPUTATA, IN INCIDENTE PROBATORIO O NEL DIBATTIMENTO, O AL PUBBLICO MINISTERO O ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA SU DELEGA DEL PUBBLICO MINISTERO, O AL GIUDICE NEL CORSO DELLE INDAGINI PRELIMINARI O NELL'UDIENZA PRELIMINARE - ESERCIZIO, DA PARTE DEL DICHIARANTE, NEL CORSO DELL'ESAME A CUI E' SOTTOPOSTO, DELLA FACOLTA' DI NON RISPONDERE - NUOVA NORMATIVA - CONSENTITA UTILIZZAZIONE DI DETTE DICHIARAZIONI SOLO IN CASO DI CONSENSO DELL'IMPUTATO AL QUALE SI RIFERISCONO - APPLICAZIONE, NELL'IPOTESI 'DE QUA', DELLE NORME PREVEDENTI, RIGUARDO ALLE DICHIARAZIONI PREDIBATTIMENTALI DEI TESTIMONI SU CUI GLI STESSI SI RIFIUTINO, O COMUNQUE OMETTANO, DI RISPONDERE, LA FACOLTA' DELLE PARTI DI PROCEDERE A CONTESTAZIONI E LA POSSIBILITA', SE CONFERMATE DA ALTRI ELEMENTI, DELLA LORO VALUTAZIONE - MANCATA PREVISIONE - INGIUSTIFICATA DIVERSITA' DI DISCIPLINA, AL RIGUARDO, RISPETTO A NORMA DI ANALOGO CONTENUTO COME MODIFICATA DA CONTESTUALE DECLARATORIA DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE - VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI RAGIONEVOLEZZA ED EGUAGLIANZA E DEL DIRITTO DI DIFESA - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 'IN PARTE QUA'.

Per violazione degli artt. 3 e 24 Cost. - assorbiti i profili dedotti in riferimento agli artt. 111 e 112 Cost. - deve dichiararsi la illegittimita' costituzionale dell'art. 238, comma 4, cod. proc. pen. - come sostituito dall'art. 3 della legge 7 agosto 1997, n. 267 - nella parte in cui non prevede che, qualora, in dibattimento, l'imputato in procedimento connesso, esaminato a norma dell'art. 210 cod. proc. pen., rifiuti o comunque ometta, in tutto o in parte, di rispondere su fatti, concernenti la responsabilita' di altri - gia' oggetto di dichiarazioni da lui rese, nel suddetto procedimento, in sede di incidente probatorio o nel dibattimento, o assunte dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero, nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare - in mancanza di consenso alla loro utilizzazione da parte dell'imputato al quale le dichiarazioni si riferiscono, si applica l'art. 500, commi 2-bis e 4, cod. proc. pen.. Data l'analogia tra la situazione disciplinata dall'art. 238, comma 4, e quella disciplinata dall'art. 513, comma 2, cod. proc. pen. (analogia tanto piu' stretta allorche' le dichiarazioni in questione risultino assunte nell'incidente probatorio o nel dibattimento, in quanto in tali casi esse hanno natura di veri e propri mezzi di prova), non si giustifica infatti che nell'ipotesi 'de qua' non si applichi la normativa stabilita dall'art. 513, comma 2 - cosi' come modificato dalla contestuale declaratoria di illegittimita' della Corte - con conseguente apertura alle possibilita' di contestazioni e recupero previste in tema di deposizioni testimoniali dell'art. 500 cod. proc. pen.. - V. la precedente massima C. red.: S. Pomodoro

SENT. 361/98 F. PROCESSO PENALE - DIBATTIMENTO - ACQUISIZIONE DELLE PROVE - DICHIARAZIONI RESE IN PRECEDENZA AL PUBBLICO MINISTERO, ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA SU DELEGA DEL PUBBLICO MINISTERO O AL GIUDICE, NEL CORSO DELLE INDAGINI PRELIMINARI O NELL'UDIENZA PRELIMINARE, DA IMPUTATO IN PROCEDIMENTO SEPARATO AVVALSOSI DELLA FACOLTA' DI NON RISPONDERE - UTILIZZAZIONE DI TALI DICHIARAZIONI - CONDIZIONI E LIMITI - DIVERSITA' NELL'AMBITO DELLA ADOTTATA NUOVA NORMATIVA, RISPETTO ALLA DISCIPLINA PREVISTA NELL'IPOTESI DI DICHIARAZIONI PREDIBATTIMENTALI RESE DA PERSONA IMPUTATA NELLO STESSO PROCEDIMENTO - PROSPETTATA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA - VERTENZA DEL GIUDIZIO DI PROVENIENZA SU FATTISPECIE RISPETTO ALLA QUALE L'APPLICAZIONE DELL'UNA COME DELL'ALTRA DELLE NORME POSTE A CONFRONTO CONDURREBBE AL MEDESIMO RISULTATO - INAMMISSIBILITA' DELLA QUESTIONE PER DIFETTO DI RILEVANZA.

Sono inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimita' costituzionale sollevate, nei confronti dell'art. 513, comma 2, cod. proc. pen. - sostituito dall'art. 1 della legge 7 agosto 1997, n. 267 - in riferimento all'art. 3 Cost., per la ritenuta irragionevole diversita' dei regimi di utilizzazione, nel dibattimento, delle dichiarazioni rese in precedenza, nel caso in cui il dichiarante - imputato dello stesso reato, di reato connesso, o di reato probatoriamente collegato - sia giudicato contestualmente (art. 513, comma 1) o separatamente (art. 513, comma 2). Entrambe le ordinanze di rimessione, infatti, si riferiscono all'ipotesi del rifiuto di rispondere dell'imputato dichiarante, citato ex art. 210 cod. proc. pen., accompagnato dal dissenso sulla utilizzazione da parte dell'imputato a cui le dichiarazioni si riferiscono: situazione nella quale la disciplina dei commi 1 e 2 dell'art. 513, in punto di lettura e di utilizzabilita' 'erga alios' delle dichiarazioni predibattimentali, conduce alle medesime conseguenze. - V. le precedenti massime C e D. red.: S. Pomodoro

Parametri costituzionali

SENT. 361/98 G. PROCESSO PENALE - DIBATTIMENTO - ACQUISIZIONE DELLE PROVE - DICHIARAZIONI SU FATTI CONCERNENTI RESPONSABILITA' DI ALTRI, RESE DA IMPUTATO IN PROCEDIMENTO CONNESSO AL PUBBLICO MINISTERO, ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA SU DELEGA DEL PUBBLICO MINISTERO O AL GIUDICE NEL CORSO DELLE INDAGINI PRELIMINARI O NELL'UDIENZA PRELIMINARE - CONDIZIONI E LIMITI PER LA LORO UTILIZZAZIONE - NUOVA NORMATIVA - QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE - IMPUGNAZIONE DI DISPOSIZIONE, CONCERNENTE LE C.D. LETTURE VIETATE, PER MOTIVI AD ESSA NON RIFERIBILI - INAMMISSIBILITA'.

E' inammissibile la questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24, 101 e 102 Cost., dell'art. 514 cod. proc. pen. (letture vietate), come sostituito dall'art. 2 della legge 7 agosto 1997, n. 267, concernente i ristretti limiti in cui, fuori dei casi previsti dagli artt. 511, 512, 512-bis e 513, puo' darsi lettura, al dibattimento, dei verbali delle dichiarazioni rese da imputati al pubblico ministero, alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero, o al giudice, nel corso delle indagini preliminari o nella udienza preliminare. Tale disposizione - mera "norma di chiusura" - e' stata infatti impugnata, unitamente a quella dell'art. 513, comma 2, per motivi - attinenti alle regole di utilizzazione probatoria delle suddette dichiarazioni - riferibili esclusivamente a quest'ultimo. - V. la precedente massima C. red.: S. Pomodoro

Norme citate

SENT. 361/98 H. PROCESSO PENALE - DIBATTIMENTO - ACQUISIZIONE DELLE PROVE - DICHIARAZIONI SU FATTI IMPLICANTI RESPONSABILITA' DI ALTRI RESE IN PROCEDIMENTO CONNESSO DA PERSONA IN ESSO IMPUTATA - CONDIZIONI E LIMITI, IN CASO DI MANCATA RISPOSTA DEL DICHIARANTE SU DI ESSE, ALLA LORO UTILIZZAZIONE - NUOVA NORMATIVA - PROSPETTATA VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI RAGIONEVOLEZZA ED EGUAGLIANZA, SOTTOPOSIZIONE DEL GIUDICE SOLO ALLA LEGGE E RISPONDENZA DELLA MOTIVAZIONE DELLE SENTENZE ALLE CONVINZIONI DEL DECIDENTE - SUPERAMENTO, PER EFFETTO DELLA CONTESTUALE DECLARATORIA DI PARZIALE ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE DELLA NORMA IN QUESTIONE, DI CENSURA TENDENTE ESCLUSIVAMENTE AL RIPRISTINO, NELLA IPOTESI 'DE QUA', DELLA POSSIBILITA' DI LETTURA DELLE DICHIARAZIONI CONSENTITA DALLA DISCIPLINA PREVIGENTE - IMPROPONIBILITA', NEI CONFRONTI DELLA IMPUGNATA NORMA DEL CODICE, DI ALTRA CENSURA CONCERNENTE LA DISCIPLINA TRANSITORIA CONTENUTA NELLA LEGGE N. 267 DEL 1997 - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

Sotto i profili dedotti nel caso dall'autorita' rimettente, non e' fondata la questione di legittimita' costituzionale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 101, secondo comma, e 111 Cost., riguardo alle condizioni e ai limiti posti dall'art. 238, commi 2-bis e 4, cod. proc. pen. - come sostituito dall'art. 3 della legge 7 agosto 1997, n. 267 - alla utilizzazione, nel dibattimento, delle dichiarazioni su fatti implicanti responsabilita' di altri, rese in procedimento connesso da persona nello stesso imputata, che non abbia poi risposto su di esse. Con la prima delle due censure formulate in proposito si tende infatti esclusivamente al recupero delle precedenti dichiarazioni mediante lettura dei verbali, senza che si sia proceduto, in quanto non richiesto da alcuna delle parti, all'esame del dichiarante, e senza che il giudice abbia provveduto a disporlo di ufficio ex art. 507 cod. proc. pen., laddove il meccanismo che consente la salvaguardia di tutti i beni costituzionali coinvolti, secondo la contestuale declaratoria di illegittimita' costituzionale della disposizione in questione, e' quello delle contestazioni. Mentre l'altra censura, formalmente rivolta all'art. 238, comma 4, in realta' si riferisce alla disciplina transitoria contenuta nell'art. 6, della legge n. 267 del 1997, nella parte in cui non prevede, nel giudizio di primo grado, un meccanismo di recupero delle dichiarazioni gia' acquisite, ex art. 238, al momento di entrata in vigore della legge, analogo a quello stabilito per le dichiarazioni gia' acquisite a norma dell'art. 513, comma 2. - V. la precedente massima E. red.: S. Pomodoro

SENT. 361/98 I. PROCESSO PENALE - DIBATTIMENTO - ACQUISIZIONE DELLE PROVE - DICHIARAZIONI RESE IN PRECEDENZA SU FATTI IMPLICANTI RESPONSABILITA' DI ALTRI DA IMPUTATO IN PROCEDIMENTO CONNESSO - ATTRIBUZIONE AL DICHIARANTE, AL RIGUARDO, DELLA FACOLTA' DI NON RISPONDERE - ASSERITA VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI EGUAGLIANZA E RAGIONEVOLEZZA, SOTTOPOSIZIONE DEL GIUDICE SOLTANTO ALLA LEGGE, RISPONDENZA DELLE MOTIVAZIONI DELLE SENTENZE ALLE CONVINZIONI DEL DECIDENTE E DELLE GARANZIE DEL PIENO ESERCIZIO DELLA GIURISDIZIONE PENALE E DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - INSUSSISTENZA - FONDAMENTO DELLA NORMA IMPUGNATA NELLE ESIGENZE DI TUTELA DEL DIRITTO AL SILENZIO DELL'IMPUTATO QUALE IRRINUNCIABILE MANIFESTAZIONE DEL DIRITTO DI DIFESA - ASSICURAZIONE DI ADEGUATA TUTELA, PUR IN PRESENZA DELLA CONTESTATA FACOLTA' E DELL'ESERCIZIO DI ESSA DA PARTE DEL DICHIARANTE, ANCHE DEL DIRITTO DELLE ALTRE PARTI AL CONTRADDITTORIO, ATTRAVERSO LA POSSIBILITA' DI CONTESTAZIONI E DI CONDIZIONATA UTILIZZAZIONE DELLE DICHIARAZIONI, PER EFFETTO DEI CONTESTUALI INTERVENTI ADDITIVI OPERATI IN MATERIA - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

Non sono fondate le questioni di legittimita' costituzionale sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, secondo comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, 111 e 112 Cost., nei confronti dell'art. 210, comma 4, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede che l'imputato in procedimento connesso, che abbia in precedenza reso dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilita' di terzi, possa avvalersi, nel dibattimento a carico di quei soggetti, della facolta' di non rispondere. Va considerato infatti che anche se nella disciplina - di ibrido contenuto, posta dall'art. 210, sono richiamate alcune delle regole operanti nei confronti dei testimoni, l'imputato, ancorche' chiamato a rendere dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilita' di altri, non e' identificabile, sul terreno sostanziale, con la figura del testimone, sicche' appare coerente la scelta del legislatore di attribuirgli la facolta' in questione, irrinunciabile manifestazione del diritto di difesa dell'imputato. E d'altra parte, riguardo ai riflessi che l'eliminazione del diritto al silenzio garantito in dibattimento al dichiarante produrrebbe sulla disciplina delle letture delle sue precedenti dichiarazioni - in relazione ai quali l'art. 210, comma 4, e' stato impugnato unitamente all'art. 513, comma 2 - va pure rilevato che la estensione della disciplina delle contestazioni prevista dall'art. 500, commi 2-bis e 4, cod. proc. pen., all'esame dell'imputato in procedimento connesso su fatti concernenti la responsabilita' di altri, - estensione operata con l'intervento additivo della Corte sull'art. 513, comma 2 - consente ora di garantire sia il diritto dell'imputato dichiarante di avvalersi della facolta' di non rispondere, sia il diritto al contraddittorio dell'imputato destinatario delle dichiarazioni, nel rispetto del principio della formazione dialettica della prova al dibattimento. - V. la precedente massima C. red.: S. Pomodoro

SENT. 361/98 L. PROCESSO PENALE - DIBATTIMENTO - ACQUISIZIONE DELLE PROVE - DICHIARAZIONI SU FATTI IMPLICANTI RESPONSABILITA' DI ALTRI RESE IN PRECEDENZA DA IMPUTATI CHE AL RIGUARDO SI RIFIUTINO DI RISPONDERE - CONDIZIONI E LIMITI ALLA LORO UTILIZZAZIONE - NUOVA NORMATIVA INTRODOTTA DALLA LEGGE 7 AGOSTO 1997, N. 267 - DISCIPLINA TRANSITORIA - APPLICABILITA', NEL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO, A SECONDA CHE, AL MOMENTO DELL'ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE N. 267, SI FOSSE GIA' DATA, O NO, LETTURA DI DETTE DICHIARAZIONI, DI DIVERSO CRITERIO DI VALUTAZIONE DELLE STESSE, O, RISPETTIVAMENTE, DELLE NUOVE DISPOSIZIONI - QUESTIONI DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN RIFERIMENTO AI PRINCIPI DI EGUAGLIANZA E RAGIONEVOLEZZA, DIRITTO ALLA TUTELA GIURISDIZIONALE, SOTTOPOSIZIONE DEL GIUDICE SOLO ALLA LEGGE, OBBLIGATORIETA' DELL'ESERCIZIO DELL'AZIONE PENALE E RISPONDENZA DELLE MOTIVAZIONI DELLE SENTENZE ALLE CONVINZIONI DEL DECIDENTE - SOPRAVVENUTE MODIFICHE SIA DELLE NORME DELLA LEGGE N. 267, SIA DI QUELLE VIGENTI PRIMA DELLA LORO EMANAZIONE, PER EFFETTO DEGLI INTERVENTI ADDITIVI CONTESTUALMENTE OPERATI IN MATERIA - RESTITUZIONE DEGLI ATTI ALLE AUTORITA' RIMETTENTI PER NECESSARIO NUOVO GIUDIZIO DI RILEVANZA.

Deve ordinarsi la restituzione ai giudici 'a quibus' degli atti relativi alle questioni di legittimita' costituzionale formulate - in riferimento agli artt. 3, 24, 101, secondo comma, 111, primo comma, e 112 - ma con censure tutte riconducibili, nella loro articolata analiticita', ad una denuncia di irragionevolezza, con relative ricadute in termini di ingiustificata disparita' di trattamento - nei confronti dell'art. 6, commi 2 e 5, della legge 7 agosto 1997, n. 267, laddove - in ordine all'efficacia nel tempo delle nuove norme della legge n. 267, emanate in sostituzione dell'art. 513, commi 1 e 2, cod. proc. pen., circa l'acquisizione probatoria di dichiarazioni sul fatto altrui rese in precedenza da imputati - nello stesso procedimento o in procedimento connesso - non comparsi al dibattimento, ovvero che rifiutino di sottoporsi all'esame, o che si avvalgano della facolta' di non rispondere - si stabilisce una disciplina transitoria, secondo la quale, nel giudizio di primo grado, per le dichiarazioni in cui, al momento di entrata in vigore della legge n. 267, fosse gia' stata data lettura, va seguito un nuovo criterio di valutazione, mentre, per le dichiarazioni in ordine alle quali, al momento suddetto, non si fosse ancora proceduto all'esame del dichiarante, si applicano senz'altro le nuove regole. Con il meccanismo di acquisizione, previa contestazione, di singoli contenuti narrativi delle precedenti dichiarazioni, introdotto al riguardo con gli interventi additivi operati attraverso le contestuali pronunce di parziale illegittimita' degli artt. 513, comma 2, e 210 cod. proc. pen., si e' infatti posta in essere una disciplina diversa sia da quella antecedente alla legge n. 267 del 1997 - che prevedeva l'acquisizione delle precedenti dichiarazioni mediante la loro lettura integrale - sia da quella introdotta dalla legge suddetta - che subordinava l'acquisizione al consenso delle parti - e pertanto e' necessario che le autorita' rimettenti tornino a valutare, alla luce di tale 'ius superveniens' se le suddette questioni conservano la loro rilevanza nei processi di provenienza. - V. le precedenti massime C, D ed E. red.: S. Pomodoro

Norme citate

  • legge-Art. 6, comma 2
  • legge-Art. 6, comma 5