Pronuncia 200/2012

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, promossi con ricorsi delle Regioni Puglia, Toscana, Lazio, Emilia-Romagna, Veneto, Umbria, Calabria e della Regione autonoma Sardegna, notificati il 12 ottobre, il 14-18, il 14-16, il 15, il 17 e il 15 novembre 2011, depositati in cancelleria il 21 ottobre, il 17, il 18, il 23 ed il 24 novembre 2011 e rispettivamente iscritti ai nn. 124, 133, 134, 144, 145, 147, 158 e 160 del registro ricorsi 2011. Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 19 giugno 2012 il Giudice relatore Marta Cartabia; uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Franco Mastragostino per le Regioni Emilia-Romagna e Umbria, Massimo Luciani per la Regione autonoma Sardegna, Renato Marini per la Regione Lazio, Marcello Cecchetti per la Regione Toscana, Luigi Manzi per la Regione Veneto, Graziano Pungì per la Regione Calabria, Ugo Mattei ed Alberto Lucarelli per la Regione Puglia e l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riservata a separate pronunce la decisione sulle altre disposizioni impugnate su ricorso delle Regioni Puglia, Toscana, Lazio, Emilia-Romagna, Veneto, Umbria e Calabria e della Regione autonoma della Sardegna, con ricorsi indicati in epigrafe, riuniti i giudizi, 1) dichiara la cessazione della materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 4, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, proposte, complessivamente, dalle Regioni Calabria, Emilia-Romagna, Lazio, Sardegna, Toscana, Umbria e Veneto, in riferimento agli articoli 3, 5, 117, 119 e 120 della Costituzione, nonché in riferimento al principio di leale collaborazione e - dalla Regione autonoma Sardegna - in riferimento agli articoli 3, primo comma, lettere d), f), g), o) e p), 4, primo comma, lettere a), b), e), f) ed m), e 7 dello statuto di autonomia (Legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3); 2) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 138 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011; 3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3 del medesimo decreto-legge n. 138 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, proposta dalla Regione Calabria in riferimento agli articoli 70 e 77 Cost.; 4) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3 del decreto-legge n. 138 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, proposta dalla Regione Puglia in riferimento agli articoli 41, 42, 43, 114, secondo comma, 117 Cost.; 5) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, proposta dalla Regione Lazio in riferimento all'articolo 117 della Costituzione e al principio di leale collaborazione; 6) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 138 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, proposta dalla Regione Calabria in riferimento agli articoli 41, 97 e 117 Cost. e al principio di leale collaborazione; 7) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 138 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, proposta dalle Regioni Emilia-Romagna ed Umbria in riferimento all'articolo 117 Cost.; 8) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 10, del decreto-legge n. 138 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, proposta dalle Regioni Emilia-Romagna e Umbria in riferimento al principio di legalità sostanziale, all'art. 117 Cost. e al principio di leale collaborazione; 9) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 11, del decreto-legge n. 138 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, proposta dalle Regioni Emilia-Romagna e Umbria in riferimento all'art. 117 Cost. e al principio di leale collaborazione. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 luglio 2012. F.to: Alfonso QUARANTA, Presidente Marta CARTABIA, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2012. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella MELATTI

Relatore: Marta Cartabia

Data deposito: Fri Jul 20 2012 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: QUARANTA

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Massime

Iniziativa economica - Principi in tema di regolazione delle attività economiche - Posizione del principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge - Conseguenze di ordine finanziario collegate al tempestivo adeguamento - Elemento di valutazione della virtuosità delle Regioni e degli enti locali ai fini del riparto delle risorse finanziarie determinate annualmente con il patto di stabilità interno - Ricorsi delle Regioni Calabria, Emilia-Romagna, Lazio, Sardegna, Toscana, Umbria e Veneto - Sopravvenuta abrogazione della norma censurata - Non applicabilità della norma medio tempore - Cessazione della materia del contendere.

Va dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 4, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, proposte, complessivamente, dalle Regioni Calabria, Emilia-Romagna, Lazio, Sardegna, Toscana, Umbria e Veneto, in riferimento agli articoli 3, 5, 117, 119 e 120 della Costituzione, nonché in riferimento al principio di leale collaborazione e - dalla Regione autonoma Sardegna - in riferimento agli articoli 3, primo comma, lettere d ), f ), g ), o ) e p ), 4, primo comma, lettere a ), b ), e ), f ) ed m ), e 7 dello statuto di autonomia (Legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3). Infatti, la disposizione censurata, come è stato sottolineato dall'Avvocatura dello Stato e da alcune Regioni ricorrenti, è stata abrogata dall'articolo 30, comma 6, della legge n. 183 del 2011, a decorrere dal 1° gennaio 2012. L'abrogazione è, dunque, intervenuta prima che scadesse il termine di adeguamento al principio imposto alle Regioni, individuato nel 30 settembre 2012, e prima che la disposizione medesima potesse esplicare effetti, previsti a partire dall'anno 2012. Ne consegue che la norma non ha potuto ricevere alcuna applicazione durante il periodo in cui è rimasta in vigore.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 3, comma 4
  • legge-Art.

Parametri costituzionali

Iniziativa economica - Principi in tema di regolazione delle attività economiche - Posizione del principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge - Ricorso della Regione Calabria - Asserita carenza dei presupposti della straordinaria necessità e urgenza necessari per la decretazione d'urgenza - Censura priva di motivazione - Inammissibilità della questione.

Inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, proposta dalla Regione Calabria in riferimento agli articoli 70 e 77 Cost. La censura risulta priva di motivazione. Infatti, a parte una mera evocazione degli articoli 70 e 77 Cost., né l'atto introduttivo del giudizio, né la successiva memoria offrono alcun argomento a suffragio della censura, che documenti l'asserita mancanza di presupposti per la decretazione d'urgenza. Inoltre, deve richiamarsi il consolidato orientamento di questa Corte, in base al quale le Regioni possono invocare, nel giudizio di costituzionalità in via principale, parametri diversi da quelli contenuti nel Titolo V della Parte II della Costituzione a condizione che la lamentata violazione ridondi sul riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni. Nel caso di specie la ricorrente non spiega in che modo l'asserita violazione degli artt. 70 e 77 Cost. determini una compressione delle competenze costituzionali delle Regioni. Precedente richiamati: - sui limiti della invocabilità da parte delle Regioni, nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale, di parametri diversi rispetto da quelli contenuti nel Titolo V della Parte II della Costituzione: sentenze n. 33 del 2011, n. 156, n. 52 e n. 40 del 2010, n. 341 del 2009.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 3
  • legge-Art.

Iniziativa economica - Principi in tema di regolazione delle attività economiche - Posizione del principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge - Ricorso della Regione Puglia - Asserito contrasto con i principi costituzionali in materia economica - Asserita lesione della potestà legislativa autonoma delle Regioni - Censure generiche e indeterminate - Inammissibilità della questione.

Inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, proposta dalla Regione Puglia in riferimento agli articoli 41, 42, 43, 114, secondo comma, 117 Cost. Le censure sono generiche e indeterminate. Infatti, in primo luogo, la censura si appunta sull'intero art. 3, senza puntualizzare ulteriormente quali disposizioni di esso intenda investire, sebbene l'art. 3 abbia un contenuto complesso. Inoltre, il richiamo ai parametri di cui agli artt. 41, 42 e 43 Cost. risulta generico e indeterminato. Si asserisce, senza argomentare, la sussistenza di un conflitto tra tali previsioni costituzionali e il principio di liberalizzazione delle attività economiche statuito nella disposizione impugnata, principio che tra l'altro non è affermato in termini assoluti, ma deve essere modulato al fine di soddisfare una serie di esigenze, alcune delle quali riproducono anche testualmente i contenuti dell'art. 41 Cost., e ne annoverano di ulteriori; né viene spiegato per quali ragioni le previsioni costituzionali e quella legislativa, mirata alla liberalizzazione, non sarebbero armonizzabili. Anche le censure basate sugli artt. 114, terzo comma, e 117 Cost. risultano indeterminate in quanto i suddetti parametri sono evocati genericamente, senza neppure specificare quali aspetti delle disposizioni costituzionali richiamate, che hanno un contenuto particolarmente complesso e articolato, dovrebbero rilevare nel presente giudizio.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 3
  • legge-Art.

Iniziativa economica - Principi in tema di regolazione delle attività economiche - Posizione del principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge - Ricorso della Regione Lazio - Asserita interferenza con la competenza legislativa residuale regionale in materia di commercio e attività produttive - Asserita lesione del principio di leale collaborazione - Insussistenza - Attività legislativa esercitata nell'ambito della competenza statale della tutela della concorrenza - Non fondatezza della questione.

Non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, proposta dalla Regione Lazio in riferimento all'articolo 117 della Costituzione e al principio di leale collaborazione. L'intervento statale censurato deve essere inquadrato nel campo delle competenze statali di portata trasversale relative alla tutela della concorrenza. In questo ambito il legislatore ha inteso stabilire alcuni principi in materia economica orientati appunto allo sviluppo della concorrenza, mantenendosi all'interno della cornice delineata dai principi costituzionali. La disposizione impugnata afferma il principio generale della liberalizzazione delle attività economiche, richiedendo che eventuali restrizioni e limitazioni alla libera iniziativa economica debbano trovare puntuale giustificazione in interessi di rango costituzionale o negli ulteriori interessi che il legislatore statale ha elencato all'art. 3, comma 1. Complessivamente considerata, essa non rivela elementi di incoerenza con il quadro costituzionale, in quanto il principio della liberalizzazione prelude a una razionalizzazione della regolazione, che elimini, da un lato, gli ostacoli al libero esercizio dell'attività economica che si rivelino inutili o sproporzionati e, dall'altro, mantenga le normative necessarie a garantire che le dinamiche economiche non si svolgano in contrasto con l'utilità sociale. Precedenti richiamati: - in materia di utilità sociale dell'attività economica: sentenze n. 247 e n. 152 del 2010, n. 167 del 2009 e n. 388 del 1992.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 3, comma 1
  • legge-Art.

Parametri costituzionali

Iniziativa economica - Principi in tema di regolazione delle attività economiche - Posizione del principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge - Qualificazione del principio come "principio fondamentale per lo sviluppo economico" rivolto all'attuazione della "piena tutela della concorrenza" - Ricorso della Regione Calabria - Asserita interferenza con la competenza legislativa regionale concorrente in materia di tutela della salute e governo del territorio, e residuale in materia di commercio - Asserita lesione del principio di leale collaborazione - Insussistenza - Attività legislativa esercitata nell'ambito della competenza statale della tutela della concorrenza - Non fondatezza della questione.

Non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, proposta dalla Regione Calabria in riferimento agli articoli 41, 97 e 117 Cost. e al principio di leale collaborazione. L'intervento statale censurato deve essere inquadrato nel campo delle competenze statali di portata trasversale relative alla tutela della concorrenza, come correttamente specificato dall'art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 138 del 2011. In questo ambito il legislatore ha inteso stabilire alcuni principi in materia economica orientati appunto allo sviluppo della concorrenza, mantenendosi all'interno della cornice delineata dai principi costituzionali. Ciò va tenuto presente rispetto alla pretesa invasione delle competenze regionali in materia di commercio, attività produttive e tutela della salute, ex art. 117 Cost. L'atto impugnato, infatti, non stabilisce regole, ma piuttosto introduce disposizioni di principio, le quali, per ottenere piena applicazione, richiedono ulteriori sviluppi normativi, da parte sia del legislatore statale, sia di quello regionale, ciascuno nel proprio ambito di competenza. In virtù della tecnica normativa utilizzata, basata su principi e non su regole, il legislatore nazionale non ha occupato gli spazi riservati a quello regionale, ma ha agito presupponendo invece che le singole Regioni continuino ad esercitare le loro competenze, conformandosi tuttavia ai principi stabiliti a livello statale. Inoltre, il principio della liberalizzazione non è stato affermato in termini assoluti, né avrebbe potuto esserlo in virtù dei vincoli costituzionali, ma si è previsto che venga modulato per perseguire gli altri principi indicati dallo stesso legislatore, in attuazione delle previsioni costituzionali. Di conseguenza, le discipline della vendita al pubblico di farmaci da banco o automedicazione, dell'apertura di strutture di media e grande distribuzione, o dell'organizzazione sanitaria, non vengono assorbite nella competenza legislativa dello Stato relativa alla concorrenza, ma richiedono di essere regolate dal legislatore regionale, tenendo conto dei principi indicati nel censurato art. 3, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 3, comma 1
  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 3, comma 2

Iniziativa economica - Principi in tema di regolazione delle attività economiche - Posizione del principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge - Qualificazione del principio come "principio fondamentale per lo sviluppo economico" rivolto all'attuazione della "piena tutela della concorrenza" - Ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna ed Umbria - Asserita interferenza con la competenza legislativa regionale residuale in materia di "sviluppo economico" - Insussistenza - Attività legislativa esercitata nell'ambito della competenza statale della tutela della concorrenza - Non fondatezza della questione.

Dichiarazione di non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, proposta dalle Regioni Emilia-Romagna ed Umbria in riferimento all'articolo 117 Cost. L'intervento statale censurato deve essere inquadrato nel campo delle competenze statali di portata trasversale relative alla tutela della concorrenza, come correttamente specificato dall'art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 138 del 2011. In questo ambito il legislatore ha inteso stabilire alcuni principi in materia economica orientati appunto allo sviluppo della concorrenza, mantenendosi all'interno della cornice delineata dai principi costituzionali. Ciò va tenuto presente rispetto alla pretesa invasione delle competenze regionali in materia di commercio, attività produttive e tutela della salute, ex art. 117 Cost. L'atto impugnato, infatti, non stabilisce regole, ma piuttosto introduce disposizioni di principio, le quali, per ottenere piena applicazione, richiedono ulteriori sviluppi normativi, da parte sia del legislatore statale, sia di quello regionale, ciascuno nel proprio ambito di competenza. In virtù della tecnica normativa utilizzata, basata su principi e non su regole, il legislatore nazionale non ha occupato gli spazi riservati a quello regionale, ma ha agito presupponendo invece che le singole Regioni continuino ad esercitare le loro competenze, conformandosi tuttavia ai principi stabiliti a livello statale. Inoltre, il principio della liberalizzazione non è stato affermato in termini assoluti, né avrebbe potuto esserlo in virtù dei vincoli costituzionali, ma si è previsto che venga modulato per perseguire gli altri principi indicati dallo stesso legislatore, in attuazione delle previsioni costituzionali. Di conseguenza, le discipline della vendita al pubblico di farmaci da banco o automedicazione, dell'apertura di strutture di media e grande distribuzione, o dell'organizzazione sanitaria, non vengono assorbite nella competenza legislativa dello Stato relativa alla concorrenza, ma richiedono di essere regolate dal legislatore regionale, tenendo conto dei principi indicati nel censurato art. 3, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 3, comma 2
  • legge-Art.

Parametri costituzionali

Iniziativa economica - Principi in tema di regolazione delle attività economiche - Posizione del principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge - Termine di adeguamento - Scadenza - Soppressione delle disposizioni statali incompatibili e diretta applicazione degli istituti della segnalazione di inizio attività (SCIA) e dell'autocertificazione con controlli successivi - Facoltà per il Governo di adottare, nelle more, regolamenti di semplificazione - Determinazione di una situazione di grave incertezza normativa, irragionevole e contraria al buon andamento della pubblica amministrazione - Illegittimità costituzionale .

Illegittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011. La norma censurata, al primo periodo, dispone che siano «soppresse», alla scadenza del termine di un anno dall'entrata in vigore della legge di conversione - termine poi prorogato al 30 settembre 2012 -, le «normative statali incompatibili» con i principi disposti al comma 1 del medesimo art. 3, con conseguente applicazione diretta degli istituti di segnalazione di inizio attività e dell'autocertificazione. Al secondo periodo, il comma 3 dispone che, fino alla scadenza del termine, l'adeguamento al principio di cui al comma 1 possa avvenire anche attraverso strumenti di semplificazione normativa; infine, al terzo periodo, il comma 3 autorizza, a tal fine, il Governo ad adottare uno o più regolamenti ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge n. 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), individuando le disposizioni abrogate e definendo la disciplina regolamentare ai fini dell'adeguamento al principio di cui al comma 1. La norma stessa è costituzionalmente illegittima, in quanto dispone, allo scadere di un termine prestabilito, l'automatica «soppressione», secondo la terminologia usata dal legislatore, di tutte le normative statali incompatibili con il principio della liberalizzazione delle attività economiche, stabilito al comma 1. Per tale ragione l'art. 3, comma 3, cit. appare viziato sotto il profilo della ragionevolezza, determinando una violazione che si ripercuote sull'autonomia legislativa regionale garantita dall'art. 117 Cost., perché, anziché favorire la tutela della concorrenza, finisce per ostacolarla, ingenerando grave incertezza fra i legislatori regionali e fra gli operatori economici. E, per le stesse, ragioni, la dichiarazione d'illegittimità costituzionale del primo periodo dell'art. 3, comma 3, coinvolge anche i periodi successivi della disposizione in esame, dato che l'ambito di intervento degli strumenti di semplificazione, previsti dal secondo periodo, nonché quello dei regolamenti di delegificazione di cui al terzo periodo, è determinato per relationem al primo periodo. Sicché la stessa indeterminatezza che vizia la prima proposizione si riverbera anche sui successivi contenuti dell'art. 3, comma 3, che deve, dunque, essere dichiarato costituzionalmente illegittimo.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 3, comma 3
  • legge-Art.

Iniziativa economica - Principi in tema di regolazione delle attività economiche - Posizione del principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge - Eliminazione di restrizioni all'esercizio di attività economiche attraverso l'adozione di un regolamento governativo - Ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna e Umbria - Asserita lesione del principio di legalità sostanziale per l'indeterminatezza della potestà regolamentare attribuita allo Stato - Asserita interferenza negli ambiti di competenza residuali della Regione - Asserita lesione del principio di leale collaborazione - Insussistenza - Ambito di applicazione della norma censurata circoscrivibile alle sole materie di competenza esclusiva statale - Non fondatezza della questione.

Non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 10, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, proposta dalle Regioni Emilia-Romagna e Umbria in riferimento al principio di legalità sostanziale, all'art. 117 Cost. e al principio di leale collaborazione. A prescindere da ogni considerazione circa la conformità della disposizione impugnata al modello di delegificazione delineato all'art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, per quanto riguarda la violazione delle competenze regionali occorre osservare che la norma censurata (diversamente dal precedente comma 3) ha un ambito di applicazione circoscrivibile alle sole materie di competenza statale e pertanto legittimamente consente al Governo di esercitare la potestà regolamentare per eliminare ulteriori - rispetto a quelle stabilite dai commi precedenti - restrizioni al libero esercizio delle attività economiche. Questa lettura della disposizione censurata è l'unica compatibile sia con il testo costituzionale, che vieta l'esercizio della potestà regolamentare da parte del Governo al di fuori delle competenze esclusive statali, sia con il contesto normativo in cui la disposizione in esame si colloca.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 3, comma 10
  • legge-Art.

Parametri costituzionali

Iniziativa economica - Principi in tema di regolazione delle attività economiche - Posizione del principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge - Possibilità, riguardante lo Stato e non anche le Regioni, di mantenere delle limitazioni alle libertà economiche, da individuarsi con decreto presidenziale - Ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna e Umbria - Asserita compressione della potestà legislativa regionale - Asserita lesione del principio di leale collaborazione - Insussistenza - Ambito di applicazione della norma censurata circoscrivibile alle sole materie di competenza esclusiva statale - Non fondatezza della questione.

Non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 11, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, proposta dalle Regioni Emilia-Romagna e Umbria in riferimento all'art. 117 Cost. e al principio di leale collaborazione. La disposizione qui censurata, al pari del precedente art. 3, comma 10, deve essere intesa come dotata di un ambito di applicazione delimitato alle sole materie di competenza statale. Consentendo di mantenere alcune eccezioni alla liberalizzazione e pertanto giustificando alcune restrizioni all'iniziativa economica, da individuarsi con decreto del Presidente della Repubblica, l'art. 3, comma 11, si rivolge alle sole normative statali e, tra queste, soltanto a quelle che non interferiscono con le competenze regionali. La disposizione censurata, non riguardando materie di competenza legislativa regionale, è pertanto inidonea a vulnerare gli interessi regionali.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 3, comma 11
  • legge-Art.

Parametri costituzionali