Pronuncia 142/1973

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Presidente - Dott. GIUSEPPE VERZÌ - Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Dott. LUIGI OGGIONI - Dott. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI - Prof. ENZO CAPALOZZA - Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Prof. PAOLO ROSSI - Avv. LEONETTO AMADEI - Prof. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI, Giudici,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 313, terzo comma, e degli artt. 266, 270, 272, 305 e 415 del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 22 febbraio 1971 dal giudice istruttore del tribunale di La Spezia nel procedimento penale a carico di Marrone Franco, iscritta al n. 127 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 112 del 5 maggio 1971; 2) ordinanza emessa il 22 febbraio 1971 dalla Corte d'assise di Roma nel procedimento penale a carico di De Medio Paolo ed altri, iscritta al n. 16 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65 dell'8 marzo 1972; 3) ordinanza emessa il 21 settembre 1971 dal giudice istruttore del tribunale di Genova nel procedimento penale a carico di Gibelli Giovanni Battista ed altri, iscritta al n. 41 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 90 del 5 aprile 1972. Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 3 maggio 1973 il Giudice relatore Vezio Crisafulli; udito il vice avvocato generale dello Stato Raffaello Bronzini, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 313, terzo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento all'art. 102 della Costituzione, dall'ordinanza del giudice istruttore presso il tribunale di Genova; dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 313, terzo comma, del codice penale, nella parte in cui attribuisce il potere di dare l'autorizzazione a procedere per il reato di vilipendio dell'ordine giudiziario al Ministro per la giustizia anziché al Consiglio superiore della magistratura, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 104 della Costituzione, dalle ordinanze dei giudici istruttori presso i tribunali di La Spezia e di Genova e della Corte di assise di Roma; dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 266, 270, 272, 305 e 415 del codice penale, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con l'ordinanza del giudice istruttore presso il tribunale di Genova. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1973. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - GIUSEPPE VERZÌ - GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - LUIGI OGGIONI - ANGELO DE MARCO - ERCOLE ROCCHETTI - ENZO CAPALOZZA - VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA REALE - PAOLO ROSSI - LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI. ARDUINO SALUSTRI - Cancelliere

Relatore: Vezio Crisafulli

Data deposito: Wed Jul 18 1973 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: BONIFACIO

Caricamento annuncio...

Massime

SENT. 142/73 A. REATI E PENE - AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE - COD. PEN., ART. 313, TERZO COMMA - CONCESSIONE DA PARTE DEL MINISTRO - ATTIVITA' NON ASSIMILABILE ALLA FUNZIONE GIURISDIZIONALE, NE' INCIDENTE SUL LIBERO ED INDIPENDENTE ESERCIZIO DI QUESTA DA PARTE DEL GIUDICE - NON VIOLA L'ART. 102 DELLA COSTITUZIONE - QUESTIONE GIA' DECISA - MANIFESTA INFONDATEZZA.

Come la Corte costituzionale ha gia' affermato nella sent. n. 17 del 1973, l'attivita' esplicata dal Ministero per la giustizia dando o negando l'autorizzazione a procedere non e' in alcun modo assimilabile alla funzione giurisdizionale, ne' incide sul libero ed indipendente esercizio di questa da parte del giudice, per cui, in mancanza dei profili nuovi e di ragioni che possano indurre a mutare avviso in proposito, deve dichiararsi manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale relativa all'art. 313, terzo comma, del codice penale, sollevata con riguardo all'istituto dell'autorizzazione a procedere nell'assunto che esso contrasti, di per se', con l'art. 102 della Costituzione.

Parametri costituzionali

SENT. 142/73 B. AZIONE PENALE - AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE - COD. PEN., ART. 313, TERZO COMMA: AUTORIZZAZIONE DEL MINISTRO A PROCEDERE PER VILIPENDIO DELL'ORDINE GIUDIZIARIO - NON VIOLA L'ART. 104, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE (NELLA MISURA IN CUI CONFERMA IL PRINCIPIO DELLA INDIPENDENZA GARANTITA A TUTTI I MAGISTRATI NELL'ESERCIZIO DELLE LORO FUNZIONI) - ESCLUSIONE DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.

La questione di legittimita' costituzionale relativa al terzo comma dell'art. 313 cod. pen., limitatamente alla parte in cui, con riferimento all'ipotesi di procedimenti per vilipendio dell'ordine giudiziario, attribuisce il potere di concedere o meno l'autorizzazione a procedere al Ministro per la giustizia anziche' al Consiglio superiore della Magistratura, sollevata per contrasto con l'art. 104, primo comma, della Costituzione, ha gia' trovato soluzione nel senso della infondatezza nella precedente giurisprudenza della Corte costituzionale (sent. n. 22 del 1959, esplicitamente ribadita, sul punto, dalla successiva sent. n. 91 del 1971): cio', peraltro, nella misura in cui la disposizione costituzionale invocata come parametro ha significato confermativo del principio della indipendenza garantita a tutti i magistrati nell'esercizio delle loro funzioni. Se, infatti, l'autorizzazione a procedere non menoma l'indipendenza del singolo giudice nell'atto di giudicare e pertanto non incide sull'autonomia ed indipendenza dell'ordine giudiziario complessivamente riguardato, non c'e' motivo per giungere a diversa conclusione, quando detta autorizzazione sia richiesta per procedere contro chi sia imputato del reato di vilipendio dello stesso ordine giudiziario.

Parametri costituzionali

SENT. 142/73 C. MAGISTRATURA - INDIPENDENZA DA OGNI ALTRO POTERE - COSTITUZIONE ART. 104, PRIMO COMMA - INTERPRETAZIONE SISTEMATICA - NON SI ESAURISCE IN UNA MERA RIPETIZIONE DEL PRINCIPIO DELL'INDIPENDENZA DEI GIUDICI EX ART. 101, SECONDO COMMA, DELLA COSTITUZIONE.

Il principio del primo comma dell'art. 104, secondo cui "La Magistratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere", specie se sistematicamente inquadrato nel contesto delle altre disposizioni della sezione I del titolo IV della Parte seconda della Costituzione, non si esaurisce in una mera ripetizione del principio dell'indipendenza dei giudici di cui all'art. 101, secondo comma.

SENT. 142/73 D. MAGISTRATURA - AUTONOMIA - NOZIONE - CONTENUTO - COSTITUZIONE, ART. 104, PRIMO COMMA - INTERPRETAZIONE - VALORE STRUMENTALE DEGLI ARTT. 105, 106, 107, DELLA STESSA COSTITUZIONE.

Nella dizione letterale dell'art. 104, primo comma, della Costituzione, la menzione della "autonomia" della Magistratura, considerata distintamente ma in stretta connessione con la sua indipendenza, va ricostruita come una espressione usata in senso generico e non tecnico, ad indicare la disciplina diversificata che la Costituzione riserva, e vuole sia riservata, per quanto attiene allo stato giuridico dei magistrati dell'ordine giudiziario, sia garantendo loro direttamente l'inamovibilita', nei sensi ed alle condizioni di cui all'art. 107, comma primo, sia sottraendoli, anche per quel che concerne tutte le vicende del predetto stato, ad ogni dipendenza da organi del potere esecutivo: strumento essenziale di siffatta autonomia, e quindi della stessa indipendenza dei magistrati nell'esercizio delle loro funzioni, che essa e' istituzionalmente rivolta a rafforzare, sono le competenze attribuite al Consiglio superiore degli artt. 105, 106 e 107 Cost., nelle quali deve rientrare ogni provvedimento che direttamente o indirettamente possa menomarla.

SENT. 142/73 E. MAGISTRATURA - ORDINE GIUDIZIARIO - POSIZIONE NEL SISTEMA COSTITUZIONALE - DIVERSITA' DA QUELLA DELLA CORTE COSTITUZIONALE - ATTRIBUZIONE DEL POTERE DI AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE PER VILIPENDIO DELL'ORDINE GIUDIZIARIO - NON SUSSISTE L'IDENTITA' DI RATIO CHE DOVREBBE GIUSTIFICARNE LA SPETTANZA AL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, ANZICHE' AL MINISTRO. (COD. PEN., ART. 313, TERZO COMMA).

La posizione dell'ordine giudiziario nel sistema costituzionale e' diversa da quella della Corte costituzionale, qual e' stata precisata nella sent. n. 15 del 1969, e non sussiste percio' quella identita' di ratio che dovrebbe condurre ad identiche conclusioni quanto alla spettanza del potere di autorizzazione a procedere in ordine a reati di vilipendio nei confronti di tali istituzioni, puramente e semplicemente sostituendosi alla Corte, immediatamente offesa dal reato cui si riferiva l'anzidetta sentenza, il Consiglio superiore della Magistratura allorche' il vilipendio sia invece diretto contro l'ordine giudiziario.

SENT. 142/73 F. VILIPENDIO ALLE ISTITUZIONI COSTITUZIONALI - IPOTESI DI VILIPENDIO DELLE ASSEMBLEE LEGISLATIVE O DELLA CORTE COSTITUZIONALE ED IPOTESI DI VILIPENDIO DELL'ORDINE GIUDIZIARIO - DIFFERENZE.

Nelle ipotesi di vilipendio delle Assemblee legislative o della Corte costituzionale si ha perfetta e piena coincidenza tra l'organo al quale spetta, a maggior tutela della propria indipendenza anche colta nelle sue manifestazioni esteriori, la valutazione dell'opportunita' politica di consentire o meno il proseguimento dell'azione penale; mentre, a differenza dalla Corte costituzionale e dalle Camere, l'ordine giudiziario non e' un collegio, ne' comunque un organo singolo, anche se complesso, idoneo a porsi come titolare di un interesse pubblico differenziato e specializzato, ad un tempo leso dal vilipendio e suscettibile di ricevere un danno maggiore della stessa offesa dallo svolgimento di un processo a carico dei responsabili del reato.

SENT. 142/73 G. CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA - COMPOSIZIONE - NON CONSENTE DI RAFFIGURARE L'ORGANO COME RAPPRESENTANTE, IN SENSO TECNICO, DELL'ORDINE GIUDIZIARIO.

Non e' esatto che il Consiglio superiore della magistratura rappresenti, in senso tecnico, l'ordine giudiziario, di guisa che, attraverso di esso, se ne realizzi immediatamente il cosidetto autogoverno, con l'ulteriore conseguenza che, esercitando il potere di autorizzazione a procedere in ordine ai reati di vilipendio dell'ordine giudiziario, esso verrebbe ad agire in luogo, per conto ed in nome di quest'ultimo: la composizione mista dell'organo, solo in parte - anche se prevalente - formato mediante elezione da parte dei magistrati, e per altra parte, invece, da membri eletti dal Parlamento (tra i quali deve essere scelto il vice presidente), oltre che da membri di diritto (tra cui il Capo dello Stato, che lo presiede) si oppone chiaramente ad una simile raffigurazione. Potrebbe tutt'al piu' parlarsi di organo a composizione parzialmente rappresentativa, anche se questa definizione e' controversa in dottrina: ma e' certo, comunque, che la presenza nel Consiglio di membri non tratti dall'ordine giudiziario e la particolare disciplina costituzionalmente dettata quanto alla presidenza di esso rispondono all'esigenza, che fu avvertita dai costituenti, di evitare che l'ordine giudiziario abbia a porsi come corpo separato.

SENT. 142/73 H. CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA - DISCIPLINA COSTITUZIONALE ED ORDINARIA - RACCORDI DELL'ORGANO CON IL MINISTRO PER LA GIUSTIZIA - FINALITA' - EVITARE CHE L'ORDINE GIUDIZIARIO COSTITUISCA CORPO SEPARATO. (LEGGE 24 MARZO 1958, N. 195).

Le disposizioni del testo costituzionale sul Consiglio superiore della magistratura e quelle della legge di attuazione del 24 marzo 1958, n. 195, che stabiliscono gli opportuni raccordi tra Consiglio superiore e Ministro per la giustizia, il quale ultimo rimane l'unico organo politicamente responsabile davanti al Parlamento, secondo i principi, di quanto attiene all'organizzazione della giustizia ed al suo funzionamento (cfr. gia' sent. n. 168 del 1963), sono rivolte al fine di evitare che l'ordine giudiziario abbia a porsi come un corpo separato: a tal fine spetta, infatti, al Ministro la facolta' di promuovere l'azione disciplinare nei confronti dei magistrati; come pure la facolta' di richiedere al Consiglio, e senza intaccarne l'autonoma iniziativa nelle materie di sua competenza, di deliberare in ordine alle assunzioni, assegnazioni di sedi e di funzioni, trasferimenti e promozioni e quanto altro inerisce allo stato dei magistrati; nonche' l'esecuzione, in generale, delle deliberazioni del Consiglio, le quali prendono, eccezione fatta per le decisioni della sezione disciplinare, la forma di decreti del Presidente della Repubblica o di decreti ministeriali, soggetti gli uni come gli altri al controllo preventivo della Corte dei conti e ad eventuale ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. - S. n. 44/1868.

SENT. 142/73 I. CORTE COSTITUZIONALE - COMPLESSO DI GUARENTIGIE A TUTELA DEL FUNZIONAMENTO DELL'ORGANO E DELLO STATUS DEI SUOI COMPONENTI - FONDAMENTO NELLA SUPREMA FUNZIONE DI TUTELA DELLA LEGALITA' COSTITUZIONALE.

La sottrazione assoluta delle sue deliberazioni a qualsiasi forma di controllo e di impugnativa, la piu' larga autonomia regolamentare e finanziaria, la sua competenza esclusiva in ordine alla rimozione dei giudici, l'attribuzione ai singoli giudici delle immunita' proprie dei membri del Parlamento implicano che per la Corte costituzionale nessuna ingerenza, diretta o indiretta, e' riconosciuta (ne' sarebbe ammissibile) ad alcun altro organo, sia per quel che concerne il funzionamento, sia per quel che piu' strettamente attiene allo status dei suoi componenti: siffatto complesso di guarentigie, che non trovano riscontro alcuno in quelle dell'ordine giudiziario, si ricollega alle supreme funzioni di tutela della legalita' costituzionale, ad ogni livello, che la Corte e' chiamata ad assolvere. - S. n. 15/1969.

Parametri costituzionali

  • legge-Art. 14
  • legge costituzionale-Art. 8
  • legge costituzionale-Art. 3
  • legge costituzionale-Art. 7
  • Costituzione-Art. 137

SENT. 142/73 L. CORTE COSTITUZIONALE - AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE PER VILIPENDIO DI ESSA - IMPLICA VALUTAZIONE POLITICHE - AFFINITA' DI QUESTE A QUELLE CHE LA CORTE E' CHIAMATA AD OPERARE ALLORCHE' SI TRATTI DI DARE O NEGARE L'AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE NEI CONFRONTI DEI SUOI MEMBRI - GIUSTIFICA L'ATTRIBUZIONE ALLA STESSA CORTE DELLA COMPETENZA A CONCEDERE ANCHE LA PRIMA AUTORIZZAZIONE. (LEGGE COSTITUZIONALE 9 FEBBRAIO 1948, N. 1, ART. 3, SECONDO COMMA).

La sostanziale affinita' tra le valutazioni politiche cui l'autorizzazione a procedere per il reato di vilipendio della Corte costituzionale e' per sua natura subordinata con quelle che la Corte stessa e' chiamata ad operare allorche' si tratti di dare o negare l'autorizzazione a procedere nei confronti dei suoi membri, a carico dei quali sia aperto o stia per aprirsi un procedimento penale, costituisce un argomento di considerevole rilievo fra quelli che hanno indotto a ritenere nella sentenza n. 15 del 1969 che anche la competenza in ordine alla prima fattispecie di autorizzazione doveva spettare alla Corte.

Parametri costituzionali

SENT. 142/73 M. MAGISTRATURA - ORDINE GIUDIZIARIO - RELAZIONI TRA IL GOVERNO E L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA - PRINCIPIO GENERALE DELLA COMPETENZA DEL MINISTRO PER LA GIUSTIZIA (COMPRESO IL POTERE DI DARE O NEGARE L'AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE PER VILIPENDIO DELL'ORDINE GIUDIZIARIO) - INDEROGABILITA' - FACOLTA' DEL MINISTRO DI RICHIEDERE IL PARERE NON VINCOLANTE DEL CONSIGLIO SUPERIORE. (LEGGE 24 MARZO 1958, N. 195, ART. 10, PENULTIMO COMMA).

Nella posizione costituzionale dell'ordine giudiziario e nel modo in cui sono regolati i suoi rapporti con il Consiglio superiore della Magistratura non c'e' nulla che imponga una deroga al principio generale, secondo cui il Ministro per la giustizia e' l'organo tecnicamente qualificato e politicamente idoneo a presiedere alle relazioni tra il Governo e l'Amministrazione della giustizia, esplicando a tal fine il potere di dare o rifiutare le autorizzazioni a procedere, nonche' di fare istanza e richiesta di procedimento nei casi previsti dalla legge; nulla vieta d'altronde che, con riferimento all'ipotesi di vilipendio dell'ordine giudiziario, lo stesso Ministro possa, nella sua prudente discrezionalita', richiedere, ove lo reputi necessario in particolari casi, un parere del Consiglio superiore (non vincolante) a norma dell'art. 10, penultimo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195.

SENT. 142/73 N. VILIPENDIO DELLE ISTITUZIONI COSTITUZIONALI - ATTRIBUZIONE ALL'UNO O ALL'ALTRO ORGANO DEL POTERE DI CONCEDERE L'AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE - NON DETERMINA DISPARITA' DI TRATTAMENTO TRA COLORO CHE SIANO IMPUTATI DI VILIPENDIO ALL'ORDINE GIUDIZIARIO E COLORO CHE SIANO IMPUTATI DEL MEDESIMO REATO NEI CONFRONTI DELLE CAMERE O DELLA CORTE COSTITUZIONALE - GIURIDICA DIVERSITA' DELLE RISPETTIVE SITUAZIONI. (COSTITUZIONE, ART. 3).

L'attribuzione all'uno o all'altro organo del potere di concedere l'autorizzazione a procedere non determina una disparita' di trattamento tra coloro che siano imputati di vilipendio dell'ordine giudiziario e coloro che siano imputati del medesimo reato nei confronti, invece, delle Camere e della Corte costituzionale, poiche' le rispettive situazioni sono giuridicamente diverse, cosi' come diversa e' la situazione di chi sia imputato di un qualsiasi altro reato per il quale debba procedersi d'ufficio.

Parametri costituzionali

SENT. 142/73 O. PROCESSO PENALE - SOGGETTO INDIZIATO DI REATO - NON HA UN DIRITTO O UN INTERESSE LEGITTIMO AD ESSERE O A NON ESSERE SOTTOPOSTO A PROCEDIMENTO PENALE.

Non sussiste un diritto od anche solo un interesse legittimo di chi sia indiziato di reato ad essere o a non essere sottoposto a procedimento penale. - S. n. 17/1973.

SENT. 142/73 P. REATI E PENE - CONGRUENZA DELLE PENE EDITTALI ALLE SINGOLE FATTISPECIE - VALUTAZIONE POLITICA RISERVATA ALLA DISCREZIONALITA' DEL LEGISLATORE - INSINDACABILITA' - SALVEZZA DELLE IPOTESI DI MANIFESTA IRRAGIONEVOLEZZA.

La valutazione in ordine alla congruenza delle pene edittali alle singole fattispecie di reato e' di natura essenzialmente politica ed appartiene, come tale, alla discrezionalita' del legislatore, non sindacabile in sede di giudizio di legittimita' costituzionale sulle leggi se non nell'ipotesi di manifesta irragionevolezza. - S. nn. 45/1967, 109/1968, 45/1970, 22/1971 ecc.

SENT. 142/73 Q. REATI E PENE - REATI LATO SENSU POLITICI DI CUI AGLI ARTT. 266, 270, 272, 305, 415 - FINALITA' - PENE PER ESSI PREVISTE - DIVERSITA' RISPETTO A QUELLE STABILITE PER ALTRI REATI COMUNI, MA ANALOGHI AI PRIMI - VALUTAZIONE DEL LEGISLATORE IN ORDINE ALLA CONGRUENZA DELLA DISCIPLINA RISERVATA ALLE RISPETTIVE FATTISPECIE - NON DA' LUOGO AD IPOTESI DI MANIFESTA IRRAGIONEVOLEZZA - ESCLUSIONE DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE. (COSTITUZIONE, ART. 3).

Le pene previste per i delitti, in largo senso politici, di istigazione di militari a disobbedire alle leggi (art. 266 cod. pen.), di associazioni sovversive (art. 270 cod. pen.), di propaganda ed apologia sovversive (art. 272 cod. pen.), di cospirazione politica mediante associazione (art. 305 in relazione all'art. 302 cod. pen. ) e di istigazione a disobbedire alle leggi (art. 415 cod. pen.) - riferendosi a figure di reato che tendono alla protezione di beni e valori essenziali alla pacifica convivenza associata ed all'ordinato funzionamento del sistema costituzionale, quali sono certamente l'esclusione di qualsiasi forma di violenza e di anacronistica cospirazione nella lotta politica, il rispetto delle leggi e la lealta' nei confronti delle istituzioni democratiche, la saldezza anche morale delle forze armate - poste a raffronto con le pene previste per altri reati comuni, ma analoghi ai primi, quali l'istigazione a delinquere e l'associazione per delinquere in genere, non danno luogo ad ipotesi di manifesta irragionevolezza da parte del legislatore nella valutazione sulla congruenza della disciplina riservata alle rispettive fattispecie. Non e', pertanto, fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 266, 270, 272, 305 e 415 del codice penale.

Parametri costituzionali

SENT. 142/73 R. VILIPENDIO DELLE ISTITUZIONI COSTITUZIONALI - VILIPENDIO DELL'ORDINE GIUDIZIARIO - COD.PEN., ART. 313, TERZO COMMA - POTERE DI DARE L'AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE - COMPETENZA DEL MINISTRO PER LA GIUSTIZIA ANZICHE' DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA - NON VIOLA GLI ARTT. 3 E 104 DELLA COSTITUZIONE - ESCLUSIONE DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.

Non e' fondata, in riferimento agli artt. 3 e 104 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 313, terzo comma, del codice penale, nella parte in cui attribuisce il potere di dare l'autorizzazione a procedere per il reato di vilipendio dell'ordine giudiziario al Ministro per la giustizia anziche' al Consiglio superiore della Magistratura.