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Pronuncia 144/2011

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Ugo DE SIERVO; Giudici : Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 10-bis e 16, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), rispettivamente aggiunto e modificato dall'art. 1 della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), nonché dell'art. 62-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), aggiunto dall'art. 1 della medesima legge n. 94 del 2009, promossi dal Giudice di pace di Agrigento con ordinanza del 15 dicembre 2009, dal Tribunale di Modena con ordinanza del 4 novembre 2009, dal Giudice di pace di Marano di Napoli con ordinanza del 20 novembre 2009, dal Giudice di pace di Cagliari con ordinanza dell'11 marzo 2010, dal Giudice di pace di Chiavenna con ordinanza del 13 aprile 2010, dal Giudice di pace di Pistoia con 5 ordinanze del 25 febbraio 2010, dal Giudice di pace di Valdagno con 4 ordinanze del 23 marzo 2010, rispettivamente iscritte ai nn. 136, 140, 168, 187, 207 e da 289 a 297 del registro ordinanze 2010 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 20, 21, 23, 25, 28, 40 e 41, prima serie speciale, dell'anno 2010. Udito nella camera di consiglio del 9 marzo 2011 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, 1) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 10-bis e 16, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 11, 13, 24, 25, 27, 30, 32, 80, 87, 97 e 117 della Costituzione, dal Tribunale di Modena e dai Giudici di pace di Marano di Napoli, di Chiavenna e di Valdagno, con le ordinanze indicate in epigrafe; 2) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998, sollevate, in riferimento agli artt. 3 (quanto alla mancata previsione della non punibilità del fatto commesso per «giustificato motivo», al non luogo a procedere per avvenuta espulsione e alla preclusione dell'oblazione), 27 (quanto alla mancata previsione della non punibilità del fatto commesso per giustificato motivo) e 117 della Costituzione, dai Giudici di pace di Agrigento e di Cagliari, con le ordinanze indicate in epigrafe; 3) dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 10-bis e 16, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998 e dell'art. 62-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3 (quanto ai residui profili), 25 e 27 della Costituzione (quanto ai residui profili), dai Giudici di pace di Agrigento, di Cagliari e di Pistoia. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2011. F.to: Ugo DE SIERVO, Presidente Giuseppe FRIGO, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2011. Il Direttore della Cancelleria F.to: MELATTI

Relatore: Giuseppe Frigo

Data deposito:

Tipologia: O

Presidente: DE SIERVO

Massime

Straniero - Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato - Configurazione della fattispecie come reato - Denunciata violazione di numerosi parametri costituzionali - Carente descrizione della fattispecie concreta e carente motivazione sulla rilevanza - Manifesta inammissibilità delle questioni.

Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale - sollevate in relazione agli artt. 2, 3, 10, 11, 13, 24, 25, 27, 80, 87 e 117 della Costituzione (quanto a quest'ultimo, in riferimento alle norme internazionali pattizie di cui agli artt. 5 e 16 del Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico illecito dei migranti, e all'art. 7 della Convenzione delle Nazioni Unite del 20 novembre 1989, sui diritti del fanciullo) - dell'art. 10- bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art. 1, comma 16, lett. a ), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), che punisce con l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro, salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che fa ingresso o si trattiene illegalmente nel territorio dello Stato. Le ordinanze di rimessione presentano infatti carenze sia in punto di descrizione della fattispecie concreta - limitandosi a riportare, nell'epigrafe, il capo di imputazione, che si rivela, tuttavia, mera e generica parafrasi della norma incriminatrice - sia in ordine alla motivazione sulla rilevanza, affermata in termini puramente assiomatici. La mancanza di ogni concreta indicazione sulle vicende oggetto dei giudizi a quibus e sulla loro effettiva riconducibilità al paradigma punitivo considerato, atta a permettere la verifica dell'asserita rilevanza delle questioni sia nel loro complesso che in rapporto alle singole censure prospettate, preclude pertanto lo scrutinio nel merito delle questioni medesime. - Per precedenti declaratorie di inammissibilità con analoghe motivazioni su questioni simili inerenti la medesima norma oggetto di scrutinio, v. le richiamate ordinanze n. 65, n. 64, n. 32 e n. 13 del 2011, n. 253 del 2010.

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 10 BIS

Parametri costituzionali

Straniero - Soggiorno illegale nel territorio dello Stato - Configurazione della fattispecie come reato - Omessa previsione della non punibilità del fatto commesso per giustificato motivo, nonché di garanzie analoghe a quelle accordate allo straniero che presenti domanda di protezione internazionale - Inapplicabilità dell'oblazione - Facoltà del giudice di sostituire, nel caso di condanna, la pena pecuniaria comminata per il suddetto reato con la misura dell'espulsione - Denunciata violazione di numerosi parametri costituzionali - Questione irrilevante, in quanto sollevata da giudice palesemente incompetente per materia - Manifesta inammissibilità.

Le questioni di legittimità costituzionale, sollevate in relazione agli artt. 2, 3, 25, 27, 30, 32, 97 e 117 della Costituzione (quanto a quest'ultimo, in riferimento all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e all'art. 3 della Convenzione delle Nazioni Unite del 20 novembre 1989 sui diritti dell'infanzia, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176), dell'art. 10- bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art. 1, comma 16, lett. a ), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) - che punisce con l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro, salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che fa ingresso o si trattiene illegalmente nel territorio dello Stato - e dell'art. 16, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 286 del 1998, come modificato dall'art. 1, comma 16, lett. b ) e comma 22, lett. o ), della legge n. 94 del 2009 - che consente al giudice di sostituire la pena pecuniaria con la misura dell'espulsione - sono manifestamente inammissibili. Il giudice a quo , infatti, non può conoscere della fattispecie criminosa prevista dalla norma censurata, in quanto palesemente incompetente per materia, con conseguente irrilevanza delle questioni stesse. Invero, a norma dell'art. 4, comma 2, lett. s-bis ), del d.lgs. n. 274 del 2000, la fattispecie contravvenzionale oggetto di censura è di competenza del giudice di pace ed il Tribunale rimettente - nel ritenersi comunque abilitato a pronunciare sulla contravvenzione in questione in base ai principi in tema di competenza per connessione, anche dopo l'avvenuta separazione del relativo processo per l'asserita operatività del principio della perpetuatio iurisdictionis - omette di considerare, da un lato, che fra i procedimenti di competenza del giudice di pace e i procedimenti di competenza di altro giudice la connessione opera solo nel caso di reati commessi con una sola azione od omissione, ipotesi, questa, non ravvisabile nella specie, stante la natura degli altri reati contestati all'imputato; dall'altro lato, che - con disposizione derogatoria rispetto all'ordinaria disciplina della cosiddetta incompetenza per eccesso (art. 23, comma 2, cod.proc. pen.) - l'art. 48 del d.lgs. n. 274 del 2000 stabilisce che, «in ogni stato e grado del processo, se il giudice ritiene che il reato appartiene alla competenza del giudice di pace, lo dichiara con sentenza e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero». - In rapporto a similari situazioni di inammissibilità di questione irrilevante, in quanto sollevata da giudice palesemente incompetente per materia, v. le richiamate ordinanze n. 318 e n. 252 del 2010.

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 10 BIS
  • decreto legislativo-Art. 16, comma 1

Parametri costituzionali

Straniero - Reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato - Omessa previsione della non punibilità del fatto commesso per giustificato motivo - Sentenza di non luogo a procedere nel caso di avvenuta esecuzione dell'espulsione o di respingimento dello straniero alla frontiera - Inapplicabilità dell'oblazione - Denunciata violazione dei principi di uguaglianza, di ragionevolezza e della finalità rieducativa della pena, nonché asserita inosservanza degli obblighi internazionali in materia di trattamento dei migranti - Difetto di rilevanza - Carenza del presupposto di applicabilità della previsione censurata e delle norme pattizie evocate - Manifesta inammissibilità delle questioni.

Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale - sollevate in relazione agli artt. 3, 27, e 117 della Costituzione (quanto a quest'ultimo, in riferimento alle norme internazionali pattizie di cui agli artt. 5, 6 e 16 del Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico illecito dei migranti del 15 novembre 2000) - dell'art. 10- bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art. 1, comma 16, lett. a ), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), che punisce con l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro, salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che fa ingresso o si trattiene illegalmente nel territorio dello Stato. Invero, quanto alla censura inerente alla mancata previsione della non punibilità del fatto commesso per «giustificato motivo», formulata in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., essa difetta di rilevanza, in quanto nelle ordinanze di rimessione non viene prospettata - neppure con riguardo a mere allegazioni difensive - la sussistenza di alcuna circostanza che, nei casi di specie, possa assumere rilievo quale «giustificato motivo» di inosservanza del precetto. Analogamente, quanto alla censura, formulata in riferimento all'art. 3 Cost., afferente al previsto obbligo del giudice di pronunciare sentenza di non luogo a procedere nel caso di avvenuta esecuzione dell'espulsione o di respingimento dello straniero alla frontiera, dall'ordinanza di rimessione non consta che l'imputato nel giudizio a quo sia stato effettivamente espulso o respinto, con conseguente carenza del presupposto di applicabilità della previsione normativa censurata. Difetta altresì di rilevanza la questione inerente alla preclusione dell'oblazione per la contravvenzione in esame, sollevata in relazione all'art. 3 Cost., giacché dall'ordinanza di rimessione non risulta che l'imputato nel giudizio a quo abbia concretamente presentato domanda di oblazione. Risulta, infine, del pari manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza, la censura di violazione dell'art. 117 Cost., a fronte dell'asserito contrasto dell'incriminazione censurata con gli artt. 5 e 16 del Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale per combattere il traffico illecito di migranti, adottato il 15 dicembre 2000, ratificato e reso esecutivo con legge 16 marzo 2006, n. 146: a prescindere da ogni rilievo in ordine alla fondatezza della doglianza, è invero dirimente la constatazione che il rimettente non ha dedotto che, nella fattispecie concreta sottoposta al suo vaglio, ricorra il presupposto di applicabilità delle norme pattizie evocate, vale a dire che gli imputati nel giudizio a quo siano stati oggetto delle condotte di traffico di migranti descritte dall'art. 6 del citato Protocollo. - Sulla manifesta inammissibilità della questione per difetto di rilevanza, in ipotesi in cui, nell'ordinanza di rimessione, non venga prospettata - neppure con riguardo a mere allegazioni difensive - la sussistenza di alcuna circostanza che possa assumere rilievo quale «giustificato motivo» di inosservanza del precetto, v. le richiamate ordinanze n. 84 e n. 64 del 2011, n. 318 del 2010. - Sulla manifesta inammissibilità della questione per difetto di rilevanza allorquando dall'ordinanza di rimessione non consti che l'imputato nel giudizio a quo sia stato effettivamente espulso o respinto, con conseguente carenza del presupposto di applicabilità della previsione normativa censurata, v. sentenza n. 250 del 2010 ed ordinanze n. 84 e n. 64 del 2011, richiamate in pronuncia. - Sulla manifesta inammissibilità per difetto di rilevanza della questione inerente alla preclusione dell'oblazione per la contravvenzione in esame allorquando dall'ordinanza di rimessione non risulti che l'imputato nel giudizio a quo abbia concretamente presentato domanda di oblazione, v. la richiamata ordinanza n. 321 del 2010. - Sulla manifesta inammissibilità della questione per difetto di rilevanza in ipotesi in cui, nella fattispecie concreta, risulti indimostrato il presupposto di applicabilità delle norme pattizie evocate, vale a dire, che gli imputati nel giudizio a quo siano stati oggetto delle condotte di traffico di migranti descritte dall'art. 6 del citato Protocollo, v. le evocate ordinanze n. 84, n. 64 e n. 32 del 2011.

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 10 BIS

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 3
  • Costituzione-Art. 27
  • Costituzione-Art. 117
  • Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata-Art. 5
  • Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata-Art. 6
  • Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata-Art. 16

Straniero - Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato - Configurazione della fattispecie come reato - Facoltà del giudice di sostituire, nel caso di condanna, la pena pecuniaria comminata per il suddetto reato con la misura dell'espulsione - Denunciata violazione dei principi di solidarietà, di ragionevolezza, di uguaglianza, di proporzionalità, di sussidiarietà, di materialità, di necessaria offensività del reato e della finalità rieducativa della pena - Questioni in larga parte analoghe ad altre già dichiarate non fondate e manifestamente infondate - Manifesta infondatezza.

Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate in relazione agli artt. 2, 3, 25 e 27 della Costituzione, dell'art. 10- bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art. 1, comma 16, lett. a ), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) - che punisce con l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro, salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che fa ingresso o si trattiene illegalmente nel territorio dello Stato - e dell'art. 16, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 286 del 1998, come modificato dall'art. 1, comma 16, lett. b ) e comma 22, lett. o ), della legge n. 94 del 2009, nonché dell'art. 62- bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), aggiunto dall'art. 1, comma 17, lett. d ) della legge n. 94 del 2009, che consentono al giudice competente di sostituire la pena pecuniaria con la misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni. In ordine alla ritenuta violazione del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) - denunciata sulla scorta della considerazione che la norma incriminatrice perseguirebbe, nel suo complesso, un obiettivo (allontanare lo straniero illegalmente presente nel territorio dello Stato) già realizzabile con la procedura di espulsione amministrativa, avente il medesimo ambito applicativo - essa, con precedenti decisioni, è già stata esclusa sul presupposto che la considerazione, da parte del legislatore, «dell'applicazione della sanzione penale come un esito "subordinato" rispetto alla materiale estromissione dal territorio nazionale dello straniero» non comporta ancora che il procedimento penale per il reato in esame rappresenti, a priori , un mero "duplicato" della procedura amministrativa di espulsione, attesa, tra l'altro, l'impossibilità, per la pubblica amministrazione, a dare corso all'esecuzione di tutti i provvedimenti espulsivi (sentenza n. 250 del 2010; ordinanze n. 84, n. 64 e n. 32 del 2011, n. 321 del 2010). In ordine alle censure di violazione del medesimo art. 3 e dell'art. 27 Cost. - prospettate sul rilievo che l'ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato non sarebbero, di per sé, sintomatici della pericolosità sociale dello straniero - è da ribadirsi, secondo quanto già rilevato in precedente statuizione (sentenza n. 250 del 2010), come la contravvenzione di cui all'art. 10- bis del d.lgs. n. 286 del 1998 prescinda «da una accertata o presunta pericolosità dei soggetti responsabili», limitandosi a reprimere, al pari della generalità delle norme incriminatrici, la commissione di un fatto antigiuridico, offensivo di un interesse reputato meritevole di tutela: violazione riscontrabile indipendentemente dalla personalità dell'autore. Analogamente, l'asserita lesione dei principi di materialità e necessaria offensività del reato - denunciata da alcuni dei rimettenti in riferimento agli artt. 25 e 27 Cost. - è già stata disattesa in precedenti pronunce sul presupposto che oggetto dell'incriminazione non è affatto «un modo di essere» della persona, quanto piuttosto uno specifico comportamento, trasgressivo di norme vigenti, quale quello descritto dalle locuzioni alternative «fare ingresso» e «trattenersi» contra legem nel territorio dello Stato, evidenziandosi, in generale, che il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice è agevolmente identificabile «nell'interesse dello Stato al controllo e alla gestione dei flussi migratori, secondo un determinato assetto normativo» (sentenza n. 250 del 2010; ordinanze n. 84 e n. 64 del 2011, n. 321 del 2010). Quanto, infine, alla denunciata lesione del principio di solidarietà di cui all'art. 2 Cost., la sua infondatezza - parimenti già oggetto di specifiche statuizioni (sentenza n. 250 del 2010; ordinanze n. 84, n. 64 e n. 32 del 2011) - discende dalla considerazione che, in materia di immigrazione, «le ragioni della solidarietà umana non possono essere affermate al di fuori di un corretto bilanciamento dei valori in gioco», rimesso alla discrezionalità del legislatore; in particolare, dette ragioni «non sono di per sé in contrasto con le regole in materia di immigrazione previste in funzione di un ordinato flusso migratorio e di un'adeguata accoglienza degli stranieri»: e ciò nella cornice di un «quadro normativo [...] che vede regolati in modo diverso - anche a livello costituzionale (art. 10, terzo comma, Cost.) - l'ingresso e la permanenza degli stranieri nel Paese, a seconda che si tratti di richiedenti il diritto di asilo o rifugiati, ovvero di c.d. "migranti economici"» (sentenza n. 250 del 2010, ordinanza n. 32 del 2011). D'altro canto, le ragioni della solidarietà trovano espressione - oltre che nella disciplina dei divieti di espulsione e di respingimento e del ricongiungimento familiare - nell'applicabilità, allo straniero irregolare, della normativa sul soccorso al rifugiato e la protezione internazionale, di cui al d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251 (Attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisogna di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta), fatta espressamente salva dal comma 6 dello stesso art. 10- bis del d.lgs. 286 del 1998, che prevede la sospensione del procedimento penale per il reato in esame nel caso di presentazione della relativa domanda e, nell'ipotesi di suo accoglimento, la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere. - Sulla esclusione della denunciata irragionevolezza della norma incriminatrice (art. 10- bis del d.lgs. 286 del 1998), in ragione dell'obiettivo perseguito (allontanamento dello straniero illegalmente presente nel territorio dello Stato) già realizzabile con la procedura di espulsione amministrativa, v. sentenza n. 250 del 2010; ordinanze n. 84, n. 64 e n. 32 del 2011; n. 321 del 2010, richiamate nella pronuncia. - Per l'affermazione che la norma incriminatrice censurata si limita a reprimere la commissione di un fatto antigiuridico indipendentemente dalla personalità dell'autore, v. la richiamata sentenza n. 250 del 2010. - Sulla esclusione dell'asserita lesione dei principi di materialità e necessaria offensività del reato da parte della norma incriminatrice censurata, v. sentenza n. 250 del 2010; ordinanze n. 84 e n. 64 del 2011; n. 321 del 2010, tutte richiamate nella pronuncia. - Per l'esclusione della violazione, da parte delle norme censurate, del principio di solidarietà di cui all'art. 2 Cost., v. sentenza n. 250 del 2010; ordinanze n. 84, n. 64 e n. 32 del 2011, richiamate nella pronuncia. - Per l'applicabilità, allo straniero irregolare, della normativa sul soccorso al rifugiato e la protezione internazionale, di cui al d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251 (Attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisogna di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta), v. la sentenza n. 250 del 2010 e le ordinanze n. 64 e n. 32 del 2011, richiamate nella pronuncia.

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 10 BIS
  • decreto legislativo-Art. 16, comma 1
  • decreto legislativo-Art. 62 BIS

Straniero - Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato - Configurazione della fattispecie come reato - Denunciata violazione del principio di irretroattività della norma incriminatrice - Esclusione - Manifesta infondatezza della questione.

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in relazione all'art. 25, secondo comma, Cost., dell'art. 10- bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art. 1, comma 16, lett. a ), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), che punisce con l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro, salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che fa ingresso o si trattiene illegalmente nel territorio dello Stato. E' infatti da escludersi l'asserita violazione del principio di irretroattività della norma incriminatrice, formulata dal giudice a quo , in quanto, da un lato, la previsione punitiva in esame si applica - conformemente alle regole generali - ai soli fatti di ingresso e di trattenimento successivi alla sua entrata in vigore; dall'altro, l'impossibilità di stabilire, nel caso oggetto di giudizio - secondo quanto riferisce il rimettente - se l'imputato abbia fatto ingresso in Italia prima o dopo tale data rappresenta un problema di carattere probatorio, risolubile con l'applicazione del canone in dubio pro reo , salva, peraltro, la verifica della responsabilità penale dello straniero per il trattenimento nel territorio nazionale anche nel periodo posteriore all'introduzione della nuova previsione punitiva.

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 10 BIS

Parametri costituzionali