Pronuncia 229/2013

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Franco GALLO; Giudici : Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 4, commi 1, 2, 3, 3-sexies, 4, 5, 6, 7, 8, 8-bis, 9, 10, 11, 12, 13 e 14 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, promossi con ricorsi delle Regioni Lazio, Veneto, Campania, delle Regioni autonome Friuli-Venezia Giulia e Sardegna, della Regione siciliana e della Regione Puglia, notificati il 12-17, il 12, il 13-17, il 15, il 12, il 13 e il 16-24 ottobre 2012, depositati in cancelleria il 16, il 17, il 18, il 19 e il 23 ottobre 2012 ed iscritti ai nn. 145, 151, 153, 159, 160, 170 e 171 del registro ricorsi 2012. Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 18 giugno 2013 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro; uditi gli avvocati Massimo Luciani per la Regione autonoma della Sardegna, Francesco Saverio Marini per la Regione Lazio, Luigi Manzi e Mario Bertolissi per la Regione Veneto, Marcello Collevecchio per la Regione Campania, Giandomenico Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, Beatrice Fiandaca e Marina Valli per la Regione siciliana e l'avvocato dello Stato Gabriella D'Avanzo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse con i ricorsi indicati in epigrafe: 1) dichiara l'illegittimità costituzionale dei commi 1, 2, 3, secondo periodo, 3-sexies ed 8 dell'art. 4 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nella parte in cui si applicano alle Regioni ad autonomia ordinaria; 2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, con il ricorso n. 159 del 2012, dalla Regione Sardegna, con il ricorso n. 160 del 2012, e dalla Regione siciliana, con il ricorso n. 171 del 2012, nei confronti dei commi 1, 2, 3, 3-sexies, 8 dell'art. 4 del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento all'art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), agli artt. 3, comma 1, lettere a), b) e g), e 4, comma 1, lettere f) e g), 7 ed 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), agli artt. 14, lettere o) e p), 15 e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, ed agli artt. 75, 117, secondo e terzo comma, 118, primo e secondo comma, e 136 Cost., in relazione all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione); 3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale, promosse dalle Regioni Campania, Sardegna e Puglia, con i ricorsi n. 153, n. 160 e n. 171 del 2012, in riferimento agli artt. 5, 75, 114, 117, 118 e 136 Cost., nonché agli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), nei confronti dei commi 1, 2, 3, 7 ed 8 dell'art. 4 del d.l. n. 95 del 2012; 4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale del comma 7 dell'art. 4 del d.l. n. 95 del 2012, promosse dalla Regione Veneto, con ricorso n. 151 del 2012, in riferimento all'art. 117, quarto comma, ed agli artt. 118 e 119 Cost., nonché dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, con ricorso n. 159 del 2012, in relazione all'art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) ed all'art. 117 Cost.; 5) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale, promosse dalle Regioni Lazio, Veneto e Puglia, con i ricorsi n. 145, n.151 e n. 171 del 2012, in riferimento alle attribuzioni costituzionali degli enti locali, di cui agli artt. 5, 114, 117, sesto comma, e 118 Cost., nei confronti dei commi 1, 2, 3, secondo periodo, 3-sexies ed 8 dell'art. 4 del d.l. n. 95 del 2012, nella parte in cui si applicano agli enti locali; 6) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dei commi 4, 5, 7, 9, 10, 11, 12 e 14 dell'art. 4 del d.l. n. 95 del 2012, promosse dalla Regione Veneto, con ricorso n. 151 del 2012, in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost., nonché dalla Regione Sardegna, con ricorso n. 160, in riferimento agli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna); 7) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale promossa dalla Regione Veneto, con il ricorso n. 151 del 2012, dei commi 3 e 13 dell'art. 4 del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento a1l'art. 117, terzo comma, Cost., nonché al principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost.; 8) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione Veneto, con il ricorso n. 151 del 2012, nei confronti del comma 8-bis dell'art. 4 del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 3, 97, 117, primo e quarto comma, 118 e 119 Cost.; 9) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione Puglia, con il ricorso n. 171 del 2012, nei confronti dei commi 1 ed 8 dell'art. 4 del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 41, 42, 43 e 77 Cost.; 10) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione Veneto, con il ricorso n. 151 del 2012, nei confronti del comma 14 dell'art. 4 del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 117, quarto comma, 3 e 97 Cost., nonché dei commi 1, 3, 3-sexies, 7 ed 8 del medesimo art. 4 del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 luglio 2013. F.to: Franco GALLO, Presidente Giuseppe TESAURO, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2013. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella MELATTI

Relatore: Giuseppe Tesauro

Data deposito: Tue Jul 23 2013 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: GALLO

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Massime

Partecipazioni pubbliche - Società pubbliche strumentali - Disposizioni che regolano la messa in liquidazione e la privatizzazione di società pubbliche controllate, che producono beni o servizi strumentali all'attività delle pubbliche amministrazioni, al fine di ridurne il numero in vista della riduzione delle spese - Previsione che impone a tutte le amministrazioni, incluse quelle regionali, di sciogliere o privatizzare le società pubbliche strumentali che, nell'anno 2011, abbiano conseguito più del 90 per cento del proprio fatturato da prestazioni di servizi alla pubblica amministrazione controllante, sanzionandole, in caso di mancato adeguamento agli obblighi di scioglimento o privatizzazione, con il divieto del rinnovo di affidamenti in essere e di nuovi affidamenti diretti in favore delle predette società - Ricorsi delle Regioni Lazio, Veneto e Puglia - Asserita violazione delle attribuzioni costituzionali e statutarie degli enti locali - Insussistenza - Disposizioni adottate nell'esercizio della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali - Non fondatezza delle questioni.

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dei commi 1, 2, 3, secondo periodo, 3- sexies , ed 8 dell'art. 4 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, sollevate dalle Regioni Lazio Veneto e Puglia, in riferimento agli artt. 5, 114, 117, comma sesto, e 118 Cost., in quanto il riordino delle società pubbliche strumentali, al fine di ridurne il numero in vista della riduzione delle spese, lederebbe la competenza regionale in tema di ordinamento degli enti locali. Le norme impugnate hanno evidente attinenza con i profili organizzativi di detti enti, posto che esse coinvolgono le modalità con cui questi perseguono, quand'anche nelle forme del diritto privato, le proprie finalità istituzionali. Tuttavia, posto che le società controllate sulle quali incide la normativa impugnata svolgono attività strumentali alle finalità istituzionali delle amministrazioni degli enti locali, strettamente connesse con le previsioni contenute nel testo unico degli enti locali, legittimamente su di esse è intervenuto il legislatore statale, al quale spetta disciplinare i profili organizzativi concernenti l'ordinamento degli enti locali.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 4, comma 3
  • decreto-legge-Art. 4, comma 3
  • decreto-legge-Art. 4, comma 8
  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 4, comma 1
  • decreto-legge-Art. 4, comma 2

Partecipazioni pubbliche - Società pubbliche strumentali - Determinazione del numero massimo dei componenti dei consigli di amministrazione delle società pubbliche di cui al comma 1 e delle società a totale partecipazione pubblica - Definizione delle modalità di composizione dei predetti consigli e delle funzioni dei componenti - Ricorsi delle Regioni Veneto e Sardegna - Asserita violazione delle attribuzioni legislative regionali - Insussistenza - Disciplina riconducibile alla materia dell'ordinamento civile - Non fondatezza delle questioni.

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dei commi 4 e 5 dell'art. 4 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, avente ad oggetto il riordino delle società pubbliche strumentali in vista della riduzione delle spese, sollevate dalle Regioni Veneto e Sardegna in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost., e agli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 6 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), nella parte in cui determinano il numero massimo dei componenti dei consigli di amministrazione delle società pubbliche di cui al comma 1 e delle società a totale partecipazione pubblica, individuando anche le modalità di composizione dei predetti consigli e le funzioni dei componenti. Una volta, infatti, che la Regione abbia esercitato la sua autonomia organizzativa, operando la scelta fra i vari moduli organizzativi possibili per lo svolgimento dei servizi strumentali alle proprie finalità istituzionali in favore dell'affidamento diretto a società pubbliche, essa ha anche accettato di rispettare lo speciale statuto che contraddistingue tali società, il quale, pur connotato da rilevanti profili di matrice pubblicistica, è comunque riconducibile, in termini generali, al modello societario privatistico che ha radice nel codice civile. La disciplina puntuale delle modalità di composizione dei consigli di amministrazione di tali società, nonché l'individuazione del numero e delle funzioni dei componenti deve, pertanto, essere ricondotta alla materia dell' "ordinamento civile", di competenza esclusiva del legislatore statale. - V. la citata sentenza n. 326/2008.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 4, comma 4
  • decreto-legge-Art. 4, comma 5
  • legge-Art.

Parametri costituzionali

Partecipazioni pubbliche - Società pubbliche strumentali - Disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti e del loro trattamento economico, nonché delle forme di responsabilità degli amministratori e dirigenti - Ricorsi delle Regioni Veneto e Sardegna - Asserita violazione delle attribuzioni legislative regionali - Insussistenza - Disciplina riconducibile alla materia dell'ordinamento civile - Non fondatezza delle questioni.

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dei commi 9, 10, 11 e 12 dell'art. 4 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, avente ad oggetto il riordino delle società pubbliche strumentali in vista della riduzione delle spese, promosse dalle Regioni a Veneto e Sardegna in riferimento all'art. 117, terzo comma, e agli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 6 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna). Tali norme, che disciplinano aspetti rilevanti del regime speciale che contraddistingue le società pubbliche strumentali - inerenti al rapporto di lavoro dei dipendenti ed al loro trattamento economico, nonché alle forme di responsabilità degli amministratori e dirigenti - perseguono evidentemente l'obiettivo del contenimento della spesa in ordine ad un rilevante aggregato della stessa, qual è quello relativo al comparto del personale, recando, pertanto, principi di coordinamento della finanza pubblica. Dal punto di vista dell'oggetto, devono, pertanto, ricondursi alla materia dell' "ordinamento civile", di competenza esclusiva del legislatore statale.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 4, comma 9
  • decreto-legge-Art. 4, comma 10
  • decreto-legge-Art. 4, comma 11
  • decreto-legge-Art. 4, comma 12
  • legge-Art.

Parametri costituzionali

Partecipazioni pubbliche - Società pubbliche strumentali - Acquisizione sul mercato di beni e servizi strumentali alla propria attività mediante le procedure concorrenziali previste dal codice dei contratti pubblici - Ricorsi delle Regioni Veneto, Sardegna e Friuli-Venezia Giulia - Asserita violazione delle attribuzioni legislative regionali - Insussistenza - Disciplina riconducibile alla materia della tutela della concorrenza - Non fondatezza delle questioni.

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale del comma 7 dell'art. 4 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, avente ad oggetto il riordino delle società pubbliche strumentali in vista della riduzione delle spese, promosse dalle Regioni Veneto, Sardegna e Friuli-Venezia Giulia in riferimento all'art. 117, 118 e 119 Cost., nonché in relazione all'art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia). La norma impugnata infatti, disponendo che, dal 1° gennaio 2014, le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, nel rispetto dell'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 163 del 2006 «acquisiscono sul mercato i beni e servizi strumentali alla propria attività mediante le procedure concorrenziali previste dal citato decreto legislativo», obbedisce alla finalità, dichiarata dallo stesso legislatore, di evitare distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori sul territorio nazionale e va quindi ricondotta alla materia della "tutela della concorrenza" di competenza esclusiva del legislatore statale.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 4, comma 7
  • legge-Art.

Parametri costituzionali

Partecipazioni pubbliche - Società pubbliche strumentali - Disposizioni che regolano la messa in liquidazione e la privatizzazione di società pubbliche controllate, che producono beni o servizi strumentali all'attività delle pubbliche amministrazioni, al fine di ridurne il numero in vista della riduzione delle spese - Individuazione delle società cui non si applica la disciplina - Ricorso della Regione Veneto - Mancato coinvolgimento delle Regioni - Asserita lesione del principio di leale collaborazione - Insussistenza - Principio che non pertiene alla funzione legislativa - Non fondatezza della questione.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dei commi 3 e 13 dell'art. 4 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, avente ad oggetto il riordino delle società pubbliche strumentali in vista della riduzione delle spese, promossa dalla Regione Veneto, in riferimento a1l'art. 117, terzo comma, Cost., nonché al principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., in quanto, nell'individuazione delle società cui non trova applicazione l'art. 4, non sarebbe stato previsto alcun coinvolgimento delle Regioni neppure mediante l'intervento della Conferenza unificata Stato-Regioni. Ed, infatti, da un lato, il parametro di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. si rivela inconferente in relazione alle censure proposte, dall'altro, riguardo alla pretesa lesione del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., più volte la Corte ha affermato che tale principio non può essere invocato con riguardo alla funzione legislativa, non essendo l'esercizio della predetta funzione soggetto alle procedure di leale collaborazione. - V. le citate sentenze nn. 63/2013, 100/2010, 225/2009.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 4, comma 3
  • decreto-legge-Art. 4, comma 13
  • legge-Art.

Partecipazioni pubbliche - Società pubbliche strumentali - Disposizioni che regolano la messa in liquidazione e la privatizzazione di società pubbliche controllate, che producono beni o servizi strumentali all'attività delle pubbliche amministrazioni, al fine di ridurne il numero in vista della riduzione delle spese - Ricorso della Regione Veneto - Omessa enunciazione di censure - Inammissibilità delle questioni.

Sono inammissibili, per omessa enunciazione delle censure, le questioni di legittimità costituzionale del comma 8- bis dell'art. 4 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, avente ad oggetto il riordino delle società pubbliche strumentali in vista della riduzione delle spese, promosse dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 3, 97, 117, primo e quarto comma, 118 e 119 Cost. Tale disposizione, sebbene sia evocata fra quelle impugnate dalla predetta Regione congiuntamente ai commi 1, 3, 3- sexies , 9, 10, 11, 12 e 14 del citato articolo 4, non è fatta oggetto di nessuna delle censure ivi prospettate.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 4, comma 8
  • legge-Art.

Partecipazioni pubbliche - Società pubbliche strumentali - Disposizioni che regolano la messa in liquidazione e la privatizzazione di società pubbliche controllate, che producono beni o servizi strumentali all'attività delle pubbliche amministrazioni, al fine di ridurne il numero in vista della riduzione delle spese - Ricorso della Regione Puglia - Censure prospettate con riferimento a parametri diversi da quelli che sovrintendono al riparto di attribuzioni - Assenza di motivazione in ordine alla ridondanza delle violazioni sul riparto delle competenze - Inammissibilità delle questioni.

Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dei commi 1 ed 8 dell'art. 4 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, avente ad oggetto il riordino delle società pubbliche strumentali in vista della riduzione delle spese, promosse dalla Regione Puglia in riferimento agli artt. 41, 42, 43 e 77 Cost. Infatti, le Regioni possono evocare parametri di legittimità diversi da quelli che sovrintendono al riparto di attribuzioni solo allorquando la violazione denunciata sia «potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle attribuzioni costituzionali delle Regioni» e queste abbiano sufficientemente motivato in ordine ai profili di una possibile ridondanza della predetta violazione sul riparto di competenze, assolvendo all'onere di operare la necessaria indicazione della specifica competenza regionale che ne risulterebbe offesa e delle ragioni di tale lesione; nella specie, dette condizioni di ammissibilità delle censure non sono soddisfatte. La Regione Puglia si è, infatti, limitata a denunciare, peraltro genericamente, in un caso, la violazione degli artt. 41, 42 e 43 Cost. sostenendo che la normativa da essi recata altererebbe irrimediabilmente l'equilibrio tra proprietà pubblica e proprietà privata, tra impresa pubblica ed impresa privata; nell'altro, la violazione dell'art. 77 Cost. per assenza dei presupposti di necessità ed urgenza; e ciò senza motivare circa la possibile ridondanza delle violazioni sul riparto delle competenze. - V. le citate sentenze nn. 199/2012 e 33/2011.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 4, comma 8
  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 4, comma 1

Partecipazioni pubbliche - Società pubbliche strumentali - Disposizioni che regolano la messa in liquidazione e la privatizzazione di società pubbliche controllate, che producono beni o servizi strumentali all'attività delle pubbliche amministrazioni, al fine di ridurne il numero in vista della riduzione delle spese - Ricorso della Regione Veneto - Censure prospettate con riferimento a parametri diversi da quelli che sovrintendono al riparto di attribuzioni - Assenza di motivazione in ordine alla ridondanza delle violazioni sul riparto delle competenze - Inammissibilità delle questioni.

Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale del comma 14 dell'art. 4 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, avente ad oggetto il riordino delle società pubbliche strumentali in vista della riduzione delle spese, promosse dalla Regione Veneto in riferimento agli artt. 117, quarto comma, 3 e 97 Cost., nonché dei commi 1, 3, 3- sexies , 7 ed 8 del medesimo art. 4 del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost. Infatti, le Regioni possono evocare parametri di legittimità diversi da quelli che sovrintendono al riparto di attribuzioni solo allorquando la violazione denunciata sia potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle loro attribuzioni costituzionali ed esse abbiano sufficientemente motivato in ordine ai profili di una possibile ridondanza della predetta violazione sul riparto di competenze, assolvendo all'onere di operare la necessaria indicazione della specifica competenza regionale che ne risulterebbe offesa e delle ragioni di tale lesione; nella specie, dette condizioni di ammissibilità delle censure non sono soddisfatte. La Regione Veneto, infatti, ha impugnato il comma 14 della norma in esame per violazione della potestà legislativa regionale (residuale) in materia di "organizzazione amministrativa della Regione" e degli artt. 3 e 97 Cost. nella parte in cui, pur vietando di inserire clausole arbitrali in sede di stipulazione di contratti di servizio tra società a totale partecipazione pubblica e amministrazioni statali e regionali, fa salve le clausole arbitrali contenute nei contratti tra le amministrazioni e le società pubbliche quando si siano già costituiti i relativi collegi arbitrali, senza fornire alcuna argomentazione circa le ragioni per le quali la predetta disposizione determinerebbe una lesione della competenza legislativa regionale in materia di "organizzazione amministrativa della Regione". Anche le censure di violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., prospettate dalla medesima Regione Veneto in relazione ai commi 1, 3, 3- sexies , 7 ed 8, sono formulate senza alcuna motivazione sulla possibile ridondanza sulla sfera di competenza regionale del preteso contrasto con le indicazioni della giurisprudenza comunitaria e con la Carta europea delle autonomie locali, peraltro genericamente evocata. - V. le citate sentenze nn. 199/2012 e 33/2011.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 4, comma 1
  • decreto-legge-Art. 4, comma 3
  • decreto-legge-Art. 4, comma 3
  • decreto-legge-Art. 4, comma 14
  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 4, comma 8
  • decreto-legge-Art. 4, comma 7

Partecipazioni pubbliche - Società pubbliche strumentali - Disposizioni che regolano la messa in liquidazione e la privatizzazione di società pubbliche controllate, che producono beni o servizi strumentali all'attività delle pubbliche amministrazioni, al fine di ridurne il numero in vista della riduzione delle spese - Previsione che esclude l'applicazione delle predette disposizioni solo "qualora per le peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto, anche territoriale, di riferimento non sia possibile per l'amministrazione pubblica controllante un efficace e utile ricorso al mercato" - Previsione secondo cui, come regola, le pubbliche amministrazioni hanno l'obbligo di acquisire i servizi strumentali alle proprie attività sul mercato secondo le procedure concorrenziali - Previsione che, a partire dal 1 gennaio 2014, il ricorso agli affidamenti diretti sia limitato solo a favore di società a capitale interamente pubblico - Ricorsi delle Regioni Campania, Sardegna e Puglia - Ritenuta riproduzione di una disciplina sui servizi pubblici locali, già espunta dall'ordinamento a seguito del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011 e della sentenza n. 199 del 2012 - Asserita lesione delle competenze costituzionali e statutarie delle Regioni nella materia dei servizi pubblici, nonché delle competenze regolamentari ed amministrative degli enti locali nella medesima materia - Insussistenza - Erroneità del presupposto interpretativo - Disposizioni che sono rivolte alle società pubbliche strumentali e che non si applicano alle società che svolgono servizi di interesse generale, anche aventi rilevanza economica, incluse le società che gestiscono servizi pubblici locali - Non fondatezza delle questioni.

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale, dei commi 1, 2, 3, 7, 8 dell'art. 4 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, avente ad oggetto il riordino delle società pubbliche strumentali in vista della riduzione delle spese, sollevate dalle Regioni Campania, Sardegna e Puglia, in riferimento agli artt. 75 e 136 Cost. Le censure muovono da un presupposto interpretativo erroneo, che è quello dell'applicabilità delle norme in esame in riferimento ai servizi pubblici locali. Tale presupposto non solo è contraddetto espressamente dal citato comma 3, ma viene anche smentito da una lettura sistematica delle disposizioni dell'art. 4, le quali più volte fanno riferimento a società controllate che svolgono servizi in favore delle pubbliche amministrazioni, che sono "strumentali" all'attività delle medesime. Considerato che le disposizioni censurate hanno un ambito di applicazione diverso da quello delle disposizioni oggetto del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011 e della declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza n. 199 del 2012 e, dunque, non sono riproduttive né delle disposizioni abrogate con il referendum, né delle disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime con la citata sentenza n. 199 del 2012, non sussiste alcuna lesione né del giudicato costituzionale, né della volontà popolare espressa tramite il referendum.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 4, comma 1
  • decreto-legge-Art. 4, comma 3
  • decreto-legge-Art. 4, comma 2
  • decreto-legge-Art. 4, comma 8
  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 4, comma 7

Partecipazioni pubbliche - Società pubbliche strumentali - Disposizioni che regolano la messa in liquidazione e la privatizzazione di società pubbliche controllate, che producono beni o servizi strumentali all'attività delle pubbliche amministrazioni, al fine di ridurne il numero in vista della riduzione delle spese - Previsione che impone a tutte le amministrazioni, incluse quelle regionali, di sciogliere o privatizzare le società pubbliche strumentali che, nell'anno 2011, abbiano conseguito più del 90 per cento del proprio fatturato da prestazioni di servizi alla pubblica amministrazione controllante, sanzionandole, in caso di mancato adeguamento agli obblighi di scioglimento o privatizzazione, con il divieto del rinnovo di affidamenti in essere e di nuovi affidamenti diretti in favore delle predette società - Indebita interferenza, nella parte in cui le disposizioni si applicano alle Regioni ad autonomia ordinaria, sull'autonomia organizzativa e di funzionamento delle stesse, in quanto si esclude che esse possano continuare ad avvalersi di società in house , pur ricorrendo le condizioni prescritte dall'ordinamento dell'Unione europea - Violazione della competenza legislativa regionale nella materia residuale dell'organizzazione e nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica - Illegittimità costituzionale in parte qua - Assorbimento delle ulteriori censure.

Sono costituzionalmente illegittimi, per violazione dell'art. 117, commi terzo e quarto, Cost., i commi 1, 2, 3, secondo periodo, 3- sexies , ed 8 dell'art. 4 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, nella parte in cui si riferiscono alle Regioni ad autonomia ordinaria. La disciplina dettata dai commi 1 e 2, infatti, imponendo a tutte le amministrazioni, quindi anche a quelle regionali, di sciogliere o privatizzare proprio le società pubbliche strumentali che, nell'anno 2011, abbiano conseguito più del 90 per cento del proprio fatturato da prestazioni di servizi alla pubblica amministrazione controllante, sanzionandole, in caso di mancato adeguamento agli obblighi di scioglimento o privatizzazione, con il divieto del rinnovo di affidamenti in essere e di nuovi affidamenti diretti in favore delle predette società, sottrae alle medesime la scelta in ordine alle modalità organizzative di svolgimento delle attività di produzione di beni o servizi strumentali alle proprie finalità istituzionali. In sostanza, le richiamate disposizioni precludono anche alle Regioni, titolari di competenza legislativa residuale e primaria in materia di organizzazione, costituzionalmente e statutariamente riconosciuta e garantita, la scelta di una delle possibili modalità di svolgimento dei servizi strumentali alle proprie finalità istituzionali. Siffatta scelta costituisce un modo di esercizio dell'autonomia organizzativa delle Regioni, e cioè quello di continuare ad avvalersi di quelle società che, svolgendo esclusivamente "attività amministrativa in forma privatistica" nei confronti delle pubbliche amministrazioni, sono in armonia sia con i vincoli "costitutivi" imposti dall'art. 3, comma 27, della legge n. 244 del 2007, sia con i limiti di attività delineati dall'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 e sono, peraltro, contraddistinte da un legame con le medesime, basato sulla sussistenza delle condizioni prescritte dalla giurisprudenza comunitaria del "controllo analogo" e dell'"attività prevalente". Le predette norme incidono, pertanto, sulla materia dell'organizzazione e funzionamento della Regione, affidata dall'art. 117, quarto comma, Cost., alla competenza legislativa regionale residuale delle Regioni ad autonomia ordinaria ed alla competenza legislativa regionale primaria delle Regioni ad autonomia speciale dai rispettivi statuti, tenuto conto che esse inibiscono in radice una delle possibili declinazioni dell'autonomia organizzativa regionale. Tuttavia, poiché la disciplina impugnata obbedisce anche alla finalità del contenimento della spesa pubblica, e poiché le singole disposizioni non sono riconducibili a principi di coordinamento della finanza pubblica - non ricorrendo al riguardo la duplice condizione che deve caratterizzare l'imposizione di limiti alla spesa di enti pubblici regionali, ossia: a) di porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente; b) di non prevedere in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi - lede anche la competenza regionale concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica. Infatti, il legislatore delinea una disciplina puntuale e dettagliata che vincola totalmente anche le amministrazioni regionali, senza lasciare ad esse alcun margine di adeguamento. (Sono assorbite le ulteriori censure). - Sulle società pubbliche che svolgono servizi strumentali per le pubbliche amministrazioni v. la citata sentenza n. 326/2008. - Sull'incidenza delle disposizioni statali di principio in tema di coordinamento della finanza pubblica, su materie di competenza della Regione e delle Province autonome, v. le citate sentenze nn. 188/2007, 2/2004, 274/2003 e 159/2008. - Sulle condizioni afferenti ai limiti alla spesa di enti pubblici regionali, v. le citate sentenze nn. 289/2008, 36/2013 e 211/2012.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 4, comma 1
  • decreto-legge-Art. 4, comma 3
  • decreto-legge-Art. 4, comma 3
  • decreto-legge-Art. 4, comma 8
  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 4, comma 2

Partecipazioni pubbliche - Società pubbliche strumentali - Disposizioni che regolano la messa in liquidazione e la privatizzazione di società pubbliche controllate, che producono beni o servizi strumentali all'attività delle pubbliche amministrazioni, al fine di ridurne il numero in vista della riduzione delle spese - Previsione che impone a tutte le amministrazioni, incluse quelle regionali, di sciogliere o privatizzare le società pubbliche strumentali che, nell'anno 2011, abbiano conseguito più del 90 per cento del proprio fatturato da prestazioni di servizi alla pubblica amministrazione controllante, sanzionandole, in caso di mancato adeguamento agli obblighi di scioglimento o privatizzazione, con il divieto del rinnovo di affidamenti in essere e di nuovi affidamenti diretti in favore delle predette società - Ricorsi delle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e dalla Regione siciliana - Asserita lesione delle prerogative delle autonomie speciali - Insussistenza - Disposizioni che non si applicano alle medesime, in virtù dell'operatività della clausola di salvaguardia di cui all'art. 24- bis - Non fondatezza delle questioni.

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dei commi 1, 2, 3, 3- sexies , 8 dell'art. 4 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, avente ad oggetto il riordino delle società pubbliche strumentali in vista della riduzione delle spese, sollevate dalle Regioni Friuli Venezia Giulia, Sardegna e dalla Regione siciliana, in riferimento all'art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), agli artt. 3, comma 1, lett. a ), b ) e g ), e 4, comma 1, lett. f ) e g ), 7 ed 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), agli artt. 14, lett. o ) e p ), 15 e 17 del r.d.lgs.15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, ed agli artt. 75, 117, secondo e terzo comma, 118, primo e secondo comma, e 136 Cost., in relazione all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). Infatti, le disposizioni censurate, non si applicano alle Regioni ad autonomia speciale in virtù dell'operatività della clausola di salvaguardia di cui all'art. 24- bis del medesimo d.l. n. 96 del 2012. - Sull'operatività della clausola di salvaguardia, v. le citate sentenze nn.193/2012, 241/2012, 178/2012 e 64/2012.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 4, comma 1
  • decreto-legge-Art. 4, comma 3
  • decreto-legge-Art. 4, comma 3
  • decreto-legge-Art. 4, comma 8
  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 4, comma 2

Parametri costituzionali