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Pronuncia 115/2020

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Marta CARTABIA; Giudici : Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 38, commi 1-terdecies, 2-bis e 2-ter del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi), convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n. 58, promosso dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Calabria, nel procedimento relativo al Comune di Reggio Calabria, con ordinanza del 26 agosto 2019, iscritta al n. 211 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 2019. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito il Giudice relatore Aldo Carosi nella camera di consiglio del 6 maggio 2020, svolta ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettera a); deliberato nella camera di consiglio del 19 maggio 2020.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 38, comma 2-ter, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi), convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n. 58; 2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 38, commi 1-terdecies, 2-bis e 2-ter del d.l. n. 34 del 2019, come convertito, sollevate dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Calabria, in riferimento agli artt. 3, 24, 70, 100, 102, primo comma, 103, 104, primo comma, 111, 113 e 117, primo comma - quest'ultimo in relazione al Preambolo alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, all'art. 3 del Trattato sull'Unione europea (TUE), firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, entrato in vigore il 1° novembre 1993, all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, e all'art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, entrambi ratificati e resi esecutivi con legge 4 agosto 1955, n. 848 -, nonché all'art. 119, sesto comma, in combinato disposto con gli artt. 1, 2 e 3, della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe; 3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38, commi 1-terdecies, 2-bis e 2-ter del d.l. n. 34 del 2019, come convertito, sollevata dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Calabria, in riferimento all'art. 77 Cost., con l'ordinanza in epigrafe; 4) dichiara non fondate, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 38, commi 1-terdecies e 2-bis, del d.l. n. 34 del 2019, come convertito, sollevate dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Calabria, in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, e 119, sesto comma, Cost., con l'ordinanza in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 maggio 2020. F.to: Marta CARTABIA, Presidente Aldo CAROSI, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 23 giugno 2020. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Aldo Carosi

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: CARTABIA

Massime

Giudice rimettente - Corte dei conti, sezioni regionali in sede di controllo di legittimità-regolarità sui bilanci degli enti locali - Legittimazione a sollevare questioni di costituzionalità.

Le sez. regionali della Corte dei conti, in sede di controllo di legittimità-regolarità sui bilanci degli enti locali - assimilabile al giudizio di parifica dei rendiconti regionali - hanno legittimazione a sollevare questioni di legittimità costituzionale. ( Precedenti citati: sentenze n. 105 del 2019, n. 18 del 2019 e n. 49 del 2018 ).

Rilevanza della questione incidentale - Necessaria applicazione delle norme censurate nel giudizio a quo - Sussistenza.

Sussiste la rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 38, commi 1- terdecies , 2- bis e 2- ter del d.l. n. 34 del 2019, come convertito. Dette norme vanno, infatti, applicate per monitorare, valutare e assumere decisioni in ordine alle modalità di attuazione del piano di riequilibrio, operazione che deve essere effettuata dalla Corte dei conti con cadenza semestrale, in quanto indefettibile per controllare l'andamento della procedura di predissesto.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 38, comma 2
  • decreto-legge-Art. 38, comma 2
  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 38, comma 1

Bilancio e contabilità pubblica - Piani di riequilibrio finanziario pluriennale degli enti locali (PREP) - Riformulazione in base a disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima - Possibile riproposizione, anche se già oggetto di pronuncia della Corte dei conti - Denunciata violazione dei principi di ragionevolezza e certezza del diritto, di effettività della tutela giurisdizionale, del giusto processo, della separazione dei poteri e del principio, anche convenzionale, del legittimo affidamento - Grave carenza del percorso argomentativo - Inammissibilità delle questioni.

Sono dichiarate inammissibili, per grave carenza del percorso argomentativo, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Calabria, in riferimento agli artt. 3, 24, 70, 100, 102, primo comma, 103, 104, primo comma, 111, 113 e 117, primo comma, Cost., - quest'ultimo in relazione al Preambolo alla CDFUE, all'art. 3 TUE, all'art. 6 CEDU - nonché all'art. 119, sesto comma, in combinato disposto con gli artt. 1, 2 e 3 Cost., dell'art. 38, commi 1- terdecies , 2- bis e 2- ter del d.l. n. 34 del 2019, come convertito, che consente agli enti locali che hanno proposto la rimodulazione o riformulazione del piano di riequilibrio ai sensi dell'art. 1, comma 714, della legge n. 208 del 2015, dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla sentenza n. 18 del 2019, di riproporre i piani per adeguarli alla normativa vigente, anche quando gli stessi siano stati già oggetto di pronuncia della Corte dei conti. Il giudice a quo - nell'evocare cumulativamente una pluralità di parametri, alcuni dei quali interposti, e di princìpi di ampio respiro, e ciò anche in riferimento a norme che hanno un diverso contenuto precettivo - non motiva adeguatamente in ordine all'asserito contrasto e non specifica quali dei differenti precetti espressi dai parametri evocati sarebbero stati in concreto lesi dalle disposizioni censurate; né, inoltre, dà conto delle ragioni per cui le disposizioni censurate sarebbero ascrivibili alla categoria della legge-provvedimento, affermandolo in maniera meramente assertiva, senza alcun elemento concreto utile a darne riscontro. Per consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, non basta l'indicazione delle norme da raffrontare per valutare la compatibilità dell'una rispetto al contenuto precettivo dell'altra, ma è necessario motivare il giudizio negativo in tal senso e, se del caso, illustrare i passaggi interpretativi operati al fine di enucleare i rispettivi contenuti di normazione. ( Precedente citato: sentenza n. 212 del 2018 ).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 38, comma 2
  • decreto-legge-Art. 38, comma 2
  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 38, comma 1

Parametri costituzionali

Thema decidendum - Ordine di esame delle questioni - Dedotto difetto di omogeneità delle norme inserite in sede di conversione - Pregiudizialità logico-giuridica di tale censura - Conseguente esame prioritario rispetto alle altre.

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 38, commi 1-terdecies, 2-bis e 2-ter del d.l. n. 34 del 2019, come convertito, è pregiudiziale la questione sollevata in riferimento all'art. 77 Cost. La questione si configura come potenzialmente assorbente in caso di eventuale accoglimento. ( Precedenti citati: sentenze n. 288 del 2019 e n. 247 del 2019 ).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 38, comma 2
  • decreto-legge-Art. 38, comma 2
  • decreto-legge-Art. 38, comma 1
  • legge-Art.

Parametri costituzionali

Bilancio e contabilità pubblica - Piani di riequilibrio finanziario pluriennale degli enti locali (PREP) - Riformulazione in base a disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima - Possibile riproposizione - Disciplina introdotta in sede di conversione di decreto-legge - Denunciata eterogeneità rispetto al testo originario - Insussistenza - Non fondatezza della questione.

È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Calabria, in riferimento all'art. 77 Cost., dell'art. 38, commi 1- terdecies , 2- bis e 2- ter del d.l. n. 34 del 2019, conv., con modif., nella legge n. 58 del 2019, che disciplina la possibilità per gli enti locali che hanno proposto la rimodulazione o riformulazione del piano di riequilibrio ai sensi dell'art. 1, comma 714, della legge n. 208 del 2015, dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 18 del 2019, di riproporlo per adeguarlo alla normativa vigente. Non v'è dubbio che esiste un nesso teleologico tra la ratio del provvedimento governativo e il contenuto delle disposizioni aggiunte in sede di conversione, non risultando, pertanto, queste ultime "intruse" rispetto alle finalità del decreto-legge in cui sono state inserite. Quando un decreto-legge rientra nella categoria dei provvedimenti governativi ab origine a contenuto plurimo, le molteplici disposizioni che lo compongono, ancorché eterogenee dal punto di vista materiale, rispondono al requisito dell'omogeneità qualora presentano una sostanziale omogeneità di scopo. ( Precedente citato: sentenza n. 244 del 2016 ). La disposizione introdotta in sede di conversione non deve essere palesemente o totalmente estranea, o addirittura "intrusa", rispetto a contenuti e finalità del decreto-legge in cui viene inserita; con particolare riferimento ai decreti-legge a contenuto eterogeneo ab origine, occorre inoltre considerare specificamente il profilo teleologico, ossia il rispetto della ratio che li ispira. Pertanto, la verifica di compatibilità con l'art. 77, secondo comma, Cost. delle disposizioni introdotte dal Parlamento, in sede di conversione di un decreto-legge, impone di procedere all'individuazione, da un lato, della ratio del provvedimento governativo, e, dall'altro lato, del contenuto delle disposizioni aggiunte, per poi raffrontarli. ( Precedenti citati: sentenze n. 247 del 2019, n. 226 del 2019, n. 181 del 2019 e n. 154 del 2015; ordinanza n. 34 del 2013 ).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 38, comma 2
  • decreto-legge-Art. 38, comma 2
  • decreto-legge-Art. 38, comma 1
  • legge-Art.

Parametri costituzionali

Bilancio e contabilità pubblica - Piani di riequilibrio finanziario pluriennale degli enti locali (PREP) - Riformulazione in base a disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima - Possibile riproposizione - Ricalcolo pluriennale del disavanzo del piano modificato, fino a un massimo di venti anni, ferma restando la disciplina prevista per gli altri - Violazione del principio dell'equilibrio del bilancio, nonché dell'equità intergenerazionale e della responsabilità di mandato - Illegittimità costituzionale.

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 81, 97, primo comma, e 119, sesto comma, Cost., l'art. 38, comma 2- ter , del d.l. n. 34 del 2019, conv., con modif., nella legge n. 58 del 2019, che stabilisce che la riproposizione del piano di riequilibrio - rimodulato o riformulato dagli enti locali ai sensi dell'art. 1, comma 714, della legge n. 208 del 2015, dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 18 del 2019 - debba contenere il ricalcolo pluriennale, fino a un massimo di venti anni, del disavanzo oggetto del piano modificato, ferma restando la disciplina prevista per gli altri disavanzi. Nell'autorizzare gli enti locali in situazione di predissesto a tenere separati disavanzi di amministrazione ai fini del risanamento e a ricalcolare la quota di accantonamento indipendentemente dall'entità complessiva del deficit, la disposizione censurata dalla Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Calabria, consente un meccanismo di manipolazione del deficit che sottostima l'accantonamento annuale finalizzato al risanamento, peggiorando nel tempo del preteso riequilibrio il risultato di amministrazione e consentendo, tra l'altro, una dilatazione della spesa corrente che finisce per incrementare progressivamente l'entità del disavanzo effettivo. Così facendo, la disposizione esonera l'ente locale da una serie di operazioni indefettibili per ripristinare l'equilibrio, viola il principio dell'equità intergenerazionale - consentendo di utilizzare risorse vincolate al pagamento di debiti pregressi per la spesa corrente - e la responsabilità di mandato, esonerando l'ente anche dal fornire contezza dei risultati amministrativi succedutisi nel tempo intercorso tra l'approvazione del piano originario e quello rideterminato.( Precedente citato: sentenza n. 181 del 2015 ). Il bilancio è un "bene pubblico", nel senso che è funzionale a sintetizzare e rendere certe le scelte dell'ente territoriale, sia in ordine all'acquisizione delle entrate, sia alla individuazione degli interventi attuativi delle politiche pubbliche, onere inderogabile per chi è chiamato ad amministrare una determinata collettività ed a sottoporsi al giudizio finale afferente al confronto tra il programmato ed il realizzato. ( Precedente citato: sentenza n. 184 del 2016 ). Per costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, il rendiconto - indipendentemente dalla compilazione e redazione dei complessi allegati al bilancio previsti dal d.lgs. n. 118 del 2011 - deve contenere, in coerenza con le risultanze di detti allegati, tre elementi fondamentali: a) il risultato di amministrazione espresso secondo l'art. 42 del decreto indicato; b) il risultato della gestione annuale inerente al rendiconto; c) lo stato dell'indebitamento e delle eventuali passività dell'ente applicate agli esercizi futuri. Il primo risultato chiarisce la situazione economico-finanziaria al termine dell'esercizio in modo comparabile a quella dell'anno precedente e a quella che sarà determinata per l'esercizio successivo. Il secondo enuclea - dal contesto complessivo di cui al precedente punto a) - le risultanze della gestione annuale integralmente imputabile agli amministratori in carica. Il terzo fornisce il quadro pluriennale dell'indebitamento, consentendo una prospettiva di sindacato sia in relazione ai vincoli europei, sia in relazione all'equità intergenerazionale, strumento servente alla determinazione dei costi-benefici afferenti alle generazioni future con riguardo alle politiche di investimento in concreto adottate. ( Precedenti citati: sentenze n. 49 del 2018 e n. 274 del 2017 ).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 38, comma 2
  • legge-Art.

Bilancio e contabilità pubblica - Piani di riequilibrio finanziario pluriennale degli enti locali (PREP) - Riformulazione in base a disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima - Possibile riproposizione - Denunciata violazione del principio dell'equilibrio del bilancio, nonché dell'equità intergenerazionale e della responsabilità di mandato - Non fondatezza delle questioni, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione - Monito al legislatore.

Sono dichiarate non fondate, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per la Calabria, in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, e 119, sesto comma, Cost., dell'art. 38, commi 1- terdecies e 2- bis , del d.l. n. 34 del 2019, conv., con modif., nella legge n. 58 del 2019, che disciplina la possibilità per gli enti locali che hanno proposto la rimodulazione o riformulazione del piano di riequilibrio ai sensi dell'art. 1, comma 714, della legge n. 208 del 2015, dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 18 del 2019, di riproporlo per adeguarlo alla normativa vigente. Rimosso, con la pronuncia indicata, il meccanismo di calcolo avulso dalla reale situazione amministrativo-contabile che lo stesso consentiva, il combinato delle ulteriori disposizioni censurate è suscettibile di una interpretazione secundum constitutionem. La norma censurata, infatti, si limita a sostituire la tabella che dovrà essere presa a riferimento per rimodulare il piano di riequilibrio, ma non crea un automatismo applicativo, e neppure determina la denunciata arbitrarietà dei poteri conferiti all'ente locale, dal momento che il nuovo piano dovrà superare lo scrutinio di sostenibilità della Corte dei conti; a sua volta, il comma 2- bis detta la nuova procedura per "riproporre il piano", ma non per renderlo esecutivo nei termini con cui viene redatto dall'ente locale, poiché tale riproposizione dovrà essere sottoposta al sindacato di natura tecnico-giuridica da parte della competente sez. regionale di controllo della Corte dei conti, secondo i canoni dell'art. 243- bis del d.lgs. n. 267 del 2000. L'ente locale dovrà pertanto avviare il necessario risanamento nei termini di legge, tenendo conto che, tenuto conto in particolare del principio di equilibrio dinamico, si è in presenza di una graduazione "naturale" degli effetti temporali della presente sentenza sulla gestione del bilancio comunale e sulle situazioni giuridiche a essa sottese. Rimane fermo l'ammonimento al legislatore per cui, di fronte all'impossibilità di risanare strutturalmente l'ente in disavanzo, la procedura del predissesto non può essere procrastinata in modo irragionevole, dovendosi necessariamente, attraverso diverse soluzioni possibili, porre una cesura con il passato, così da consentire ai nuovi amministratori di svolgere il loro mandato senza gravose "eredità". La tendenza a perpetuare il deficit strutturale nel tempo, attraverso uno stillicidio normativo di rinvii, finisce infatti per paralizzare qualsiasi ragionevole progetto di risanamento, in collisione sia con il principio di equità intragenerazionale che intergenerazionale. ( Precedenti citati: sentenze n. 4 del 2020, n.18 del 2019, n. 6 del 2017, n. 107 del 2016, n. 39 del 2014 e n. 60 del 2013 ). Per costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, anche le norme finanziario-contabili afferenti agli enti territoriali - ancorché connotate da un peculiare rapporto con il parametro costituzionale dell'equilibrio dinamico - sono soggette alla regola dell'interpretazione conforme a Costituzione, secondo la quale, in presenza di ambiguità o anfibologie del relativo contenuto, occorre dar loro il significato compatibile con i parametri costituzionali. Al contrario, ove fosse possibile solo l'ipotesi ermeneutica adottata dalla Sezione rimettente ciò determinerebbe l'illegittimità costituzionale dello stesso principio contabile, dal momento che, così interpretato, esso diventerebbe un veicolo per un indebito allargamento - in contrasto con l'art. 81 Cost. - della spesa di enti già gravati dal ripiano pluriennale di disavanzi di amministrazione pregressi. ( Precedenti citati: sentenze n. 279 del 2016 e n. 155 del 2015 ).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 38, comma 2
  • decreto-legge-Art. 38, comma 1
  • legge-Art.